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:: Massimiliano Bardotti: Una volta mi sono imbucato a un funerale...
30 Gennaio 2013

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UNA VOLTA MI SONO IMBUCATO A UN FUNERALE...

 

Una volta mi sono imbucato a un funerale. Faceva caldo anche se sembrava voler piovere da un momento all’altro.

Camminavo per strada, perso per le vie del mio paese. Andavo dietro a certi pensieri, discorsi fra me gli altri me. Mia zia era morta da poco. Maria. Le volevo molto bene, era un’altra madre.

Mi sentii male quando mi dissero della sua morte. Fui colto da nausee violente così, in un attimo. E la testa non la finì mai di girare, se ci penso gira ancora adesso.

Non riuscii ad andare al suo funerale. Ci si mise anche la febbre. Un febbrone di quelli che mi prendevano da ragazzino, quando mi si gonfiavano le tonsille e la temperatura superava i quaranta. Il mio corpo ha sempre cercato di difendermi. Ha premura di me.

Camminavo assorto quando il funerale di qualcuno mi colse di sorpresa. La scia silenziosa di figure per lo più vestite di scuro, teste piegate a fissare la strada. Il dolore che scema via via che lo sguardo seguendo la scia si allontana dalla bara. Bara portata sulle spalle da alcuni vigorosi giovani, non lo vedevo fare da un sacco di tempo. Sudavano e sembravano sciogliersi un pochino per volta.

I familiari a ridosso della bara erano sconvolti, così gli altri parenti e gli amici. Camminavano a fatica.

Mi accodai e mi unii a loro. Non avevo bisogno di inviti, avevo la mia bara. Mi tremavano le gambe e respiravo a fatica. La città ci stava a guardare, muta, coi suoi lineamenti da vecchia signora maltrattata, che non ne vuol più sapere di nulla. E’ invecchiata da sola, con pochi ricordi a tenerle la mano, ma sa ancora portare rispetto a un giovane figlio morto troppo presto. Con gli occhi bassi anche lei guardava il corteo funebre sfilare. E guardava me, intruso, che cercavo una specie di pace in mezzo a quei piagnistei.

Seguii il corteo fin dentro la chiesa. Mi misi in fondo, zitto.

Anche in chiesa il caldo era opprimente, non si trovava riparo da nessuna parte.

Durante l’orazione tuoni e lampi. La pioggia ci mise poco a cadere. Insistente, forte. Uno scrosciare d’acqua sorprendente. Una cascata. Il rumore che veniva da fuori copriva le parole del prete. A poco a poco tutti si alzarono per vedere cosa stava accadendo.

Un corso d’acqua scorreva fuori dalla chiesa. La pioggia cadeva fitta, coltre invalicabile. Ma il cielo, il cielo era luminoso e bianco. Tutti si misero a parlare di quello che stava accadendo, anche il prete. Ci fu qualche timida battuta e alcune risate sommesse, rispettose, ne invitarono altre.

Qualcuno disse: E’ Raffaele non capite? Lui era così.

E’ vero, cominciarono a dire tutti, lui era così, lui era così.

Uscirono fuori, in strada a fare il bagno, a lavarsi via di dosso il sudore appiccicoso e a lasciarsi crogiolare nella malinconia.

Io restai in chiesa. Non potevo prendere parte a quella festa, io non lo sapevo se Raffaele era davvero così, non lo conoscevo.

Pregai per mia zia, senza parole per farlo, e per tutto il tempo avvertii la sensazione che fosse lei a pregare per me.

 

 

MASSIMO BARDOTTI

 


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