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:: NOTTE INDIGESTA
05 Dicembre 2012

 

 
 
 
 
 
 
 
 
NOTTE INDIGESTA
 
 
Questa notte
indigesta
lamento sul petto
sul cuore.
La notte
mia patria
riparo
corteccia.
Desidèri inquinati
alla luce del sole
sotto lo smog la tosse
la peste.
Di notte
rinasco.
Cervo
lombrico.
Agile merlo
 rubare distratto
abito case
di gente che dorme.
Questa notte
ha aride labbra.
Le mani
che scuote d'argento
sul petto di corvo
sono il vino che asciuga
dalla bocca la sete.
 
 
 
Ciò che siamo è una promessa.
L'abbraccio del mattino
il risveglio cullando
sui rami del giorno
i sogni aggrappati.
Perduti
al primo sbadiglio
annoiato.
Buongiorno
mia piccola fata
acrobata fra tavole calde
esaudisci gli altrui desideri
famelici sconci appetiti.
La sera
ti prende rubina.
Altrove
con occhi di maga
inventi la vita.
Pensi a ogni cosa conosciuta
e la elimini.
In quello che resta
l'universo si espande
e le promesse si mantengono.
 
 
 
Non essere
stanotte e ogni notte
non avere mai fine
né inizio.
Ovunque
nessun luogo.
Con nelle ossa quel freddo
imbottigliato alla sorgente
messo da parte
per la buona occasione.
Avere mani per ogni cosa
il bacio se te ne vai
l'abbraccio del benvenuto
e non tornare mai
non partire nemmeno.
Non abbandonare per sempre
quelle dolci speranze
il bambino
la sua corsa sgangherata
per andare in nessun posto
ma andare.
Perdersi
più di una volta per tutte
perdersi nelle chiese sconsacrate.
Ammalarsi d'amore
per un cero mai acceso.
Detestare il miracolo
che quel giorno ti prese
perché una volta avvenuto
la speranza fuggì dalle labbra.
E per ogni notte uguale questa
giurare e spergiurare
finché il giorno cancellerà il mantello
del grande funambolo.
 
 
Di assenze son fatte le ore
ciò che più manca.
Colazioni saltate
fughe remote
ripasso a memoria di labbra sfiorate
feroce bisbiglio.
Rimembri con flebile fiato
sostegno di madre
un coraggio smanioso e sudato
le porte di chiavi sbagliate.
Giorni mai sazi t’hanno cresciuta.
Rapidi slanci all'ora di cena
rumore di neve
febbraio sconosciuto
candida quiete.
Sulle punte
vita danzante
i tuoi passi eleganti.
Lungo i filari del tempo
l'uva acerba della tua giovinezza
è ora vino pregiato.
Quella lacrima perfetta
solco di rughe
letto di fiume
è il rimpianto di chi non ti colse.
 
 
 
Hai visto giorni
frenetica attesa.
Altri robusti
secolari rami.
Fughe da fermo
febbre non doma.
Incendi estinti mai.
L'acqua sul fuoco
dei tuoi seni rubenti
è saliva di bocche
baciate mai.
 
MASSIMILIANO BARDOTTI
 
 
Massimiliano Bardotti mi consegna tra le mani degli inediti di qualche anno fa.
Allora colgo le modulazioni corsive di una vita che si raddrizza in bella calligrafia. La fatica del tratto che scorre suoni sulla pelle dell’umano, la fatica della bellezza.
 
Lo accompagna la musica di Giacomo Lazzeri (“La Minima Parte”)
Massimiliano Bardotti lo ricordo come autore di “Fra le gambe della sopravvivenza” (Thauma, 2011) – che tanto mi racconta ancora in ogni rilettura – casuale e pensata. (CCatapano)


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