:: Claudio Di Scalzo: Indagine sopra una foto di Tancredi


Tancredi Parmiggiani 
Feltre  25 settembre 1927 - Roma 27 settembre 1964


NOTA

Riguardo a Tancredi Parmiggiani fin dagli anni Settanta ho visitato mostre a lui dedicate, cercato cataloghi, letto testimonianze sulla sua arte e malattia. Nel 1982 a Palazzo dei Diamanti a Ferrara nell’ottobre 1982 visitai con Fabio Nardi e Karoline Knabberchen (1959-1984) una sua retrospettiva. Ricordo anche quella alla Galleria Brerarte a Milano nel 1983, sempre con Karoline.

Ciò che affido al social lo scrissi dopo una mostra dedicata a Tancredi alla Galleria livornese del mio amico Roberto Peccolo, fine anni Ottanta, non trovo il catalogo, ma ricordo che pubblicai il testo con foto ricavata dalla mostra molti anni dopo sul portale Tellusfolio (2005); e poi sull’OV.

Quanto scrissi sul rapporto del pittore con la malattia attraverso la foto di lui risentì dell’eco di considerazioni sul Tancredi suicida di Karoline Knabberchen. Che avevo trascritto dopo la mostra a Palazzo Diamanti nel 1982. Sulla pittura come rischio e abisso che alcuni artisti, ma anche filosofi, portano come Croce.


 

Claudio Di Scalzo

INDAGINE SOPRA UNA FOTO DI TANCREDI

Se davvero abito, a volte, un Museo Interiore dove mi viene concesso di custodire incautamente, anche, il riflesso di tele o biografie di pittori che le incorniciano, Tancredi è fra i pittori che ho più cari. Sento amicizia per lui. Per la sua disperazione fitta e irrimediabile. Nata dalla solitudine che poi è una forma di vacua difesa contro il manierismo che impongono i rapporti umani.  Ma soprattutto custodisco una foto. Tancredi si è seduto su delle bozze di cemento che reggono la tela che ha alle spalle. Sembra che stia alzandosi. È dentro una frontiera innervosita di contraddizioni. Teme, voltando le spalle alla tela, di essere ghermito dalla bocca stridente a teschio, irriguardosa e carnevalesca, pertanto sta in posa turbato. Davanti al fotografo. Che cattura, lui e la tela, sulla pellicola della reflex professionale.

Immagino che Tancredi, nervoso, sia rientrato nello studio socchiudendo gli occhi orientali nella penombra. Qui potrebbe aver esclamato: “Ho commesso qualcosa di fatale. Ho messo sulle mie tracce la Morte”.

 
Anni dopo, il 27 settembre 1964, gettandosi dal Ponte Sisto nel Tevere, affetto da schizofrenia paranoide secondo i medici ma ciò per un artista non basta ovviamente a spiegarne i gesti estremi, rivide la maschera e il suo fluido incantamento.

Questa fu la prefazione alla mostra senza catalogo senza pareti che avrebbe avuto il suo corpo da annegato come unico protagonista. Realismo con filamenti di putride alghe e concrezione di un’allucinazione prima catturata su tela e poi liberata da una foto per ghermirlo.

Mi chiedo chi disse o scrisse che le biografie sono l’ultima cadenza del realismo. Forse Josif Brodskij. Se fosse così il suicidio di un pittore è sempre un carnevale tragico. Per il colore che porta con sé, per per le compagnie che lo afferrano.