:: Claudio Di Scalzo: Requiem con pennello filosofico. Su Rembrandt

  

 

 

REQUIEM CON PENNELLO FILOSOFICO
 
CLAUDIO DI SCALZO



Si dipinge attorno al 1665. Sorride beffardo e pensa a Democrito, al filosofo che irrideva alle miserie umane. Rembrandt sa, da vecchio, che la perdita di sé lo conduce al centro del vuoto dell’esistenza. Lascio di me il profilo del complice che se ne starà nell’atto di prendere in giro tutti tra due vite.


È impietoso. Crudo. Osserva se stesso mentre le rughe si moltiplicano. E la pelle offre notizia sconsolatissima del suo incartapecorirsi.
Non ho paura del tempo. Delle sue devastazioni. Mio figlio e già morto. A ventisette anni. Lo guarda. Tito vestito da monaco. Sotto il cappuccio a momenti il viso alterna la sua mitezza e un teschio. Esistiamo, io, sei esistita tu Saskia, tu Tito, qualsiasi travestimento s’indossi. Maschere prima dell’evento che ci scioglierà in ombre.
 

 


Sale l’assillante e pungente aroma dei colori. Dell’olio di lino. Pennelli sul tavolo possiedono il tavolo? Se li dipingessi cosa possiederei?

Irridenti atti per un requiem!

Ogni dipinto, mio autoritratto, stessa notizia. Requiem.

Negli ultimi anni la sua personale galleria di autoritratti diventa scarna. Si concentra sul volto, sull’espressione degli occhi, sulle mani: tutto quanto può rivelare una passeggera presa sul mondo.

Riverso le colpe del destino sulle fattezze e sto in perfetta combutta con la morte.

Io Rembrandt, maestro di ogni tecnica chiaroscurale.

 

Da "Museo Domestico per Rembrandt",

Tellus 30, "Nomi per 4 stagioni", 2009

 

Tellus/Tellusfolio 2003-2009

Direzione CDS

Editrice Labos Morbegno - SO