:: Karoline Knabberchen: Quaderno del mite inverno VII

CDS: "karoline Knabberchen fardello bianco capo chino (e torso)" - particolare -

Tela  1,20 x 40 dipinta ad olio e acrilico - Collage e Décollage - 

3 settembre 2016

 

 

 Karoline Knabberchen

FARDELLO BIONDO ANCH’IO?

(sopra il capitolo XII de “Le grande Meaulnes” di Alain Fournier)

 

 

dal

 

QUADERNO DEL MITE INVERNO

 

(20 agosto 1984 – 20 agosto 2016)

(a cura di Fabio Nardi)

 

VII

Nel libro che mi hai dato da leggere, Fabio, Le Grand Meaulnes di Alain-Fournier perché, immagino, conosca per riflesso le tue origini campagnole e i giochi e un’adolescenza tutta girandole fiabesche e crudeli nella prima enfasi per l’amore per la donna, …entro nel capitolo XII: IL FARDELLO. Quello in cui Yvonne de Galais muore. Aspettando il ritorno di Agostino Meaulnes. Che l’ha sposata e poi lasciata sola ad accudire la bimba, la loro figlia, per adempiere ad un segreto patto con il fratello di Yvonne, per salvare un’altra coppia dalla distruzione generando la sua. E quella della donna che amava. Yvonne. Amata anche dal narratore.

La figlia candida e innocente, con un destino di smarrimento, non è sempre e comunque anche un'opera scritta nata dall'unione di due spiriti e corpi? Come per noi due Fabio? 

Yvonne morta dalla sua camera deve essere portata nella stanza dabbasso per deporla nella bara. Le scale sono strettissime. Il corpo non può essere sostenuto da due persone. Né la bara può salire. Allora Francesco Seurel, che narra la vicenda, abbraccia la morta e scende le scale stringendola a sé. Yvonne è un fardello ma anche l’amore perduto, la poesia dileguata, l’idea di bellezza ridotta a torso che va alla decomposizione.

 

CDS: "karoline Knabberchen fardello bianco - Torso"

particolare  - 3 settembre 2016

 

“Allora mi faccio avanti, prendo la sola decisione possibile: con l’aiuto del dottore e di una donna, passo un braccio sotto la schiena della morta, l’altro sotto le gambe, me la carico sul petto. Adagiata sul mio braccio sinistro, la testa ripiegata in abbandono sotto al mio mento, mi pesa terribilmente sul cuore. Scendo adagio, scalino per scalino, la lunga scala ripida, mentre dabbasso preparano tutto.  Presto le braccia mi si schiantano per la fatica. Con quel peso sul petto, ad ogni gradino mi cresce l’affanno. Stringendo il corpo inerte e pesante, chino il mio capo sul suo, respiro forte e i capelli biondi mi entrano in bocca – capelli morti che hanno sapore di terra. Questo sapore di terra e di morte, questo peso sul cuore, ecco tutto ciò che mi resta della grande avventura e di te, Yvonne de Galais, tanto cercata – tanta amata…”. (Traduzione Giuliano Gramigna)

 

 

Tossisco come se ogni alveolo guidasse lo sradicamento dai sensi in vortici cupi. Tenebra m’accomodo sulle ciglia. Chino il capo. A misura della morte che stilla e sospende il tempo. Guidata dal discrimine col niente fisso la mia biografia il mio legame con te Fabio. La stretta con il presente e il passato si contraddice. S’aggiusta nel monito crudele che al fondo delle scale ci sta la bara come la culla. E oltre la fermezza dei cortili con i propri linguaggi. Le semine e le muffe e le radici divelte. Se io muoio voglio essere consegnata all’acqua che non ha mani o mura da plasmare rigidamente nell'ultimo contatto con chi amo. Tu. Fabio. E se rimpianto in te si mescesse voglio sia goccia e oceano dove corrente agiti presenza inalterabile. Diomio! vaneggio. M’impressiona una pagina di libro come se ne dovessi accettare la combustione spenta nel petto. Sono proprio indifesa. Abbracciami viva amore mio. Difendimi! Ho tanta paura. Con l’alfabeto delle tue calde dita concedimi il suono d’una tenerezza. Mentre m’assopisco mentre scosto i capelli biondi dall’orecchio. 

 

... CONTINUA