:: Karoline Knabberchen: E cosė via... picciola filosofia.


Karoline Knabbechen (1959-1984)
Cucita con luce  e colore
Foto Fabio Nardi



Karoline Knabberchen

E COSÌ VIA ...PICCIOLA FILOSOFIA…

 

Quando il cielo si pente di esistere le foglie degli alberi nella luce lunare si piegano contrite. Come peccatrici sull’altare muto dell’amore sfiancato da onanismi vari. In queste ore dove tutto mi manca fuorché il sogno della mia filosofia. Una frode bellebuona, ammetto. La mia pensosità emana corpo lustro dita ferme sulla penna.

I personaggi della letteratura funzionano nella filosofia come funzionari erotici. O teologi senza Dio. Qualcosa di simile a un refrain che dice “tutta per me questa illegalità del pensare”.

M’insegnano a odiare il prossimo, a detestare il maschile, la geometria che non distingue i lati, a immaginare la morte che sta sui comignoli delle baite esile come fumo; a giocare a mosca cieca con la prassi mentre mi sfiora l’insetto del suicidio; a ricamare festino del sapere che prende sonno quando il cielo si pente di esistere e così via.

Ninna nanna ignobile e volubile. Preghiera nell’atto di risucchiare capelli; spandere saliva sul fiore racchiuso nel buio; spalancante nudità sul confine taciuto che arde catene.

Quando il cielo si pente di esistere e così via.

I personaggi letterari celebrano l’amore filosofico con me. Mi esortano a donare monili della contraddizione del furto. Ogni interprete che mi leggerà l’ho deposto nella stoltezza in anticipo.

A chi mi ha amato, in questa notte che mi obbedisce e in quelle che verranno senza di me, capire quanto fossi penetrabile con la maschera filosofica su prosceni di letteratura.

Quando il cielo si pente di esistere e così via.

SINGOLARMENTE VIVA, SINGOLARMENTE MORTA.

Scoperta fondamentale che Karoline Knabberchen, io sola devo morire, non c’è qui altro Io. Tra me (Io) e l’altro c’è una differenza assoluta: io muoio, lui mi manca, la sua morte è il mio stesso morire, ma, alla fine, solo io mancherò a me stessa.

Il primo piano incerto del mio mento gelido; la luce innaturale sulle mani di cera; il nome staccato dalle iridi spente dalle labbra sigillate dalla gola disertata dalla voce. Deposta. Offerta per la memoria di altri. La tua, anche, amor mio che galleggerai nella mia andatura cancellata. E da qui in avanti sempre sbaglierai il tiro della nostalgia, pure delle mie spalle nude, son certa. Morta, ma su che riva risorgerò, ah oh, a forza di desideri, ancora. Se ne ricorderà il Dio caritatevole, o, essendo solo un algoritmo (ringraziare prego!! il suo inventore l'arabo Muhammad Ibn Musa al-Khuwarizmi  vissuto  in quel di Baghdad) che agisce meccanicamente e in modo indifferenziato, mi renderà morta nel bisbiglio della materia; per sempre?

Siccome sei il coro della notte con la tua presenza, sulla terrazza, dove accendi sigarette di riferimento francesi, ancora vedrò con te il giorno.

Nostro ritratto nello specchio della lingua comune.

La morte è un frutto mai del tutto maturo.

Stasera, per salvarmi, con le unghie, inciderò ogni corolla chiusa sotto la luna.

Ho Bevuto. Perdonami. Non dare importanza a questo Diario… che ti affido: Fabio Nardi. Al massimo lego le stringhe delle scarpe a forma di Diario a Lawrence d'Arabia e Ernst Jünger che per primi idearono la riflessione filosofica in questa forma.

Ma siccome forma in italiano rima con orma… suggerisco che seguo preda cucciola i miei cacciatori. Mi salverai con una foto mentre sto nella tana a suggerti quanto mi metti sotto al naso come latte?

“Che te ne fai di un esteta della guerra attratto dalla statuarietà degli arabi di un filosofo scrittore con l’elmetto?" Registro le tue battute che sono di una crudeltà perfetta da filosofo casuale che parla come spegne le cicche sotto ai tacchi! E COSÌ VIA PICCIOLA FILOSOFIA…


 


Karoline Knabbechen (1959-1984)
Cucita con luce  e ombre
Foto Fabio Nardi

 

 

           °

           Tanto inutilmente arroventata

           cosa devo togliere alla vita perché mi nutra?

           Piccola viltà sul fondo del giardino – chiasmo

           interiore – ineffabile astratta filosofia sulla traccia

           della lumaca: striscio lecco bava: non credo

           alle cose che amo per stare eretta.

 

                    °°

                    Fiele in armonia col miele : amarezza

                    scoprire che il Bene si maschera d’illusione

                    se per calcolo o prudenza sbagli a chi donarlo.

 

                           °°°

                           Tiene in pugno il mio destino essendo briciola

                           la regina del formicaio. Appronto qualche sofisma;

                           pago ogni debito, anche nel sesso, scelgo il falso garante

                           del tuo sorriso soddisfatto. Nella radice che ami ti accampi.

                           La disegni ne scrivi la fotografi. Riuscisse a me in filosofia

                           supererei Kierkegaard e Schelling insieme.