:: Claudio Di Scalzo: Il Pazzo morente scrive a Neera. Con notizie su Bambinaccio e la poetessa d'Engadina. Partecipazione di Wild Bill Hickok - Tu sei pił importante. Post scriptum finale


 

Lapide di Paolo detto Il Pazzo
 

SONO GIUNTO CON VOLO SOLITARIO A UN BATTITO D’ALI DAL NIDO DEL TUTTO.

E DA TUTTO CON BATTITO D’ALI SOLITARIO SENZA ABITARE NIDO SONO VOLATO VIA.

VERSO LA MIA MORTE VERSO ALTRA VITA. E VITE.





Neera e Paolo detto Il Pazzo





Claudio Di Scalzo

IL PAZZO MORENTE SCRIVE A NEERA

Con notizie su Bambinaccio e la poetessa d'Engadina. Partecipazione di Wild Bill Hickok

ORNITOLOGIA DA BANCO IN BARBERIA PORTO FRANCO

 

Hai presente il sangue al naso? che mi sgocciolava un anno fa, dopo che partisti senza dirmi né beh né bao stattene nell’ahio! senza spiegarmi, Neera, da vicino o al telefono l’atto tuo discretamente psicotico verso la “nostra barberia”! …. ricordi il sangue al naso che doveva essere il solito a goccia calcolino… non è affatto così… è un tumorino che in testa da tempo mi sboccia!!… e ho un mese si e no! di vita tra dolori fortissimi e medicinali in vena per un minimo attenuarli e insieme rimbecillirmi tra tende nere, come il tuo nome, della camera dove l’umidità saccheggia i libri che mai lessi neppure da sano,… e allora con le forze residue ti scrivo una lettera su carta con inchiostro nerissimo e con l’Aurora 88 col bocciolo d’oro della Prima Comunione. Quando, allora, nessun Dio m’assolse dai peccati fatti e nemmeno da quelli futuri visto come ho vissuto e come l’amore s'è spettinato in me. La Prima Comunione del piccolo apprendista barbiere. Del piccolo cattivo grande monello con la fionda che non ha mai ucciso né uccelletti né persone che amava come tu, dandoti il ruolo d’uccellina di donna innamorata di mia vittima, t’intesti per giustificarti, poeticamente ai tuoi occhi. Sei tu la fronboliera scheggiante mio naso e cuore e poesia da barbiere mai scritta. Altroché.

Scrivendoti questa lettera, io che non ho internet né alcun tipo di i.Phone (un amico mi fa vedere alcune "pagine" sul suo, e così ho scoperto le tue imprese di poetessa in eletta schiera di ben pettinati aspiranti alla fama internazionale! ed è stata aspra medicina!) o di pc portatile o fisso, capirai che ho letto il tuo libro volatile, dal titolo “Vicende alate”, con sottotitolo “Ornitologia da nido ontologico”, appena stampato presso minuscolo editore, non più grande d'un capello di calvo; intenderai, Neera, che ti ho letto anche sorprendendomi per l’attenzione che dedichi al barbiere pennuto, e siccome sto tìrando le còia prendo delle contromisure sul nostro possibile reincontro. Da te vaticinato nel racconto filosoficamente alato. Non mi garba affatto il seme di miglio che spargi coltissimo, tanto che ne ho capito soltanto il senso all’incirca. Ma bastante. A consigliarmi di starne alla larga. 

Partiamo dalle fondamenta dell’acconciatura sulle nostre teste.

Quando mi trovasti, raggiungendomi nella barberia del paese di Nodica, ad un km da quello di Vecchiano, sulla scorta di studi che tu, giovane poetessa, compivi su certi fantasmi d'autori ribelli, cercavi un vecchianese matto, come me, “Bambinaccio”, si chiamava, si chiama!, mio fratello d’elezione. Che si era suicidato nel 2004, a Marina di Vecchiano, affogandosi, anche se han scritto per pietà verso la sua famiglia ch’era annegato: figurati lui marinaio scaltro con barca e nuotatore provetto se poteva annegare per un po’ di libeccio sull’onde: volle raggiungere il suo grande amore, la sua donna, suicidatasi, venti anni prima - dalla quale parimenti eri coinvolta per la sua misteriosa esistenza in poesia e sentimentale e manciata di frammenti letti - in un posto lontano del Nord Europa. Ci sono amanti e amori che “non scadono come il latte”, mi disse il compagno Lalo padre di Bambinaccio. Com’è accaduto al nostro, Neera, e che tu, col tuo racconto o poemetto ci aggiungi una confezione, una scatola di ricami, una bara?, dorata per incartarlo, ma incarti, vuoi rendere poetico, quanto è diventato rancido, veleno, al massimo yogurt!, ti piace lo yogurt?

Mi trovasti e ti diedi qualche notizia sull’artista Bambinaccio che non gliene fregava niente della carriera letteraria (e probabilmente ricordi come gli editori a lui interessati fossero stati Feltrinelli Sellerio Einaudi. Editori che i tuoi amici e amiche venderebbero la propria madre, affamati di fama come sono, per pubblicarci!), salvo qualche apparizione sul webbe allora ai primi elettronici movimenti... per ricordare il suo amore perduto.

Tu, Neera, mi dicesti, conoscendo il pistolero sopravvissuto, me, sorta di Wild Bill Hickok selvatio dai lunghi capelli, che fuggivi le consorterie letterarie, ne ho schifo, di sapienti che tosano le pecore poetiche per ricavarci i propri cuscini su cui adagiarsi sultani, mi dicesti così!, e materassi sui quali "farsi le poetesse incaute" in cerca di sapienza poetica da imparare.

Mi descrivesti un inferno che non conoscevo. Non son poeta né scrittore, ma barbiere di talento e narratore orale. Ma che Bambinaccio a volte mi aveva evocato coi suoi meandri ridicoli e malvagi con varie perversioni intellettuali di contorno. Che lui disprezzava e prendeva in giro: ne fuggiva e così la sua poetessa d’Engadina.

T'innamorasti, certificando in poemi - rivelatisi finzione poetica esercizio letterario bugia sopraffina - che ho buttato, dopo il 10 febbraio 2017, ai cinghiali in pineta perché ci facciano tana per i piccoli, il tuo grande amore per il barbiere Paolo detto Il Pazzo. Giungeva la Natura, mi dicevi, nella tua vita, il cacciatore di frodo, il giocatore d’azzardo, il cattivo rissoso che conosceva vizi banditeschi, che ti chiavava dannatamente per ore, in qualsiasi posto che fossero le dune di Marina di Vecchiano o le piazzole d’autostrada o gli antri dei palazzi lucchesi o sulle poltrone scassate d'un cascinale. Che non aveva, tue parole, necessità di citazione colta per dare l’abbrivio al cazzo sconsideratamente colto e a volte moscio.

Sembri uscito da un romanzo di Mark Twain e Jack London. Mi sussurravi baciandomi. Sei il mio Cyrano Di Bergerac e la tua spada son le forbici da barbiere la tua poesia l'epica narrata in barberia. Tamburava il cuore imbrillantinato come non l'avevo mai avuto in vita mia! Mi prendevi monello e da grande con tutta la mia vicenda. Sanavi gli anni di esclusione che avevo vissuto, con Bambinaccio. Riconoscevi malvagi chi mi aveva spezzato le fionde e rotto gli aquiloni da bambino. Mettendomi soprannome di Paolo il Pazzo!

Godevi e ridevi col barbiere detto Il Pazzo. Spensierata. Ti raccontavo storie misto vernacolo. Ascoltavo le tue sopra un'infanzia e adolescenza "segnata" anche nello sgomento nel dolore come la mia. Come quella di Bambinaccio. E scrivevi gioiosamente, e io intendevo la tua poesia, perché c’ero con te dentro. Sarà questa scrittura soltanto per noi due, mi dicevi, come lo è il pesce che peschi, la folaga che cacci di frodo, le ciocche di capelli che mi tagli, cortissimi, per avere la mia testolina sul petto, mischiata ai tuoi capelli lunghi da eroe greco. Scriverò come faceva Bambinaccio, che li rese personaggi da tragedia e commedia popolare, sopra mio padre marinaio in Adriatico mia madre casalinga con parenti emigrati in America. Mi sussurravi incantandomi. A niente servono le mitologie artefatte copiate dalle antiche civiltà compresa la Grecia!, affermavi decisa. Poi a quest'ultime sei tornata. E i tuoi genitori e parenti son rimasti senza poesia. 
 

E sono arrivati versi dalla città sulle nuvole

da un bimbo che s’addormentava

come me tra litigi adulti:

Scavi baratro di luce

così – preciso

con l’urlo di pupilla

nel mio cielo infantile

(Neera per Paolo detto Il Pazzo)

 

Ero felice. Tanto! Capivo anche perché la poetessa svizzera aveva così tanto amato il suo Bambinaccio. Perché lui dopo averla perduta suicida voleva morire perché non è sostituibile un amore simile. Dove sei amato per la tua naturalità e spontaneità e non per le parole che al massimo sono il profumo di una bella pettinatura di un bacio lungo come dalla riva all’orizzonte. Intendevo con te la Poesia come non pensavo mai d’intenderla.

Avrei dato la vita per te. Tutto quanto possedevo era tuo. Neera. Tu mi dicevi che eri la regina di ogni acconciatura dell’essere. E anche se capivo a metà, seppi che lo spirito l’anima il nocciolo profondo mio, tanto matto e cattivo un tempo, era stato da te reso bello, dolce, un gocciolino poetico. Avrei dato la vita per te se me l’avessi chiesto. E guarda invece cosa mi hai fatto! 

Son morto, già allora, quando lessi il tuo trafiletto nel telegramma che il postino mi diede l’anno passato. Il 10 febbraio. Trafiletto telegrafico. Mi dicevi addio. Avevo strozzato le tue idee poetiche. Assassino dunque!, e volevi dialogare, da confermata redattrice, pensavo di sapere tante cose ma conoscendoli mi sono vergognata della mia ignoranza, con poeti e intellettuali scambiando con essi scrittura idee cultura. Puoi farlo anche tu, aggiungevi, con me stare nel noi. “Noi”?, mi chiesi, uno come me in questa corte coltissima come poteva starci? Far da scudiero a cervelloni boriosi che manco sapevano farsi un nodo, difendersi a mani nude, vivere al buio in boscaglia, puntare tutto sul bluff col solo tris d’assi! e che volevano fottere con la scusa della cultura? Il Pazzo anarchico stare a servizio dei poeti di mestiere, che ognidì si sbrodolano addosso la loro poesia da commentare senza accennare alla vita reale?, brodaglia da me intuita, per quanto ignorante con diploma professionale, come scopiazzata qua e là e che invece entusiasmava la laureata in filologia bizantina!, perché avrei dovuto sentirmi ignorante e vergognarmi dopo la fraterna vicenda, comunitaria e comunista, con Bambinaccio e la tenera poetessa di Guarda? Impossibile!
Non avevo niente da imparare, ma proprio niente!, da questi Pavoni con ruota in cerca di adorazioni e stridula teoria.
Vacci te da questi vanesi a far la pavona di complemento!
Piuttosto che vivere quanto tu Neera sceglievi, mi sarei buttato come folaga, è poco sublime la folaga?, ingannata dal richiamo dello schioppo in picchiata dal Monte Legnaio nella cava dabbasso!
E non per una delle tue alate morti letterarie, per ricevere plauso da amici e amiche in poesia, ma reale morte! Perché la realtà non la si può camuffare in quanto conta di vita e malattia! Chi muore per amore malattia religione non va in una libreria nominata tempio, come hai fatto tu, il mese dopo, a vantare i suoi versi cresciuti in umile barberia! col pazzo barbiere "usato e ripudiato": e ciò sappilo in rima paesana.
Avevi scelto, Neera, gli eredi di chi mi spezzava le fionde sull'Argine del Serchio e smembrava di nascosto i miei aquiloni.
Ne ho sofferro come bestia caduta in trappola e uncinata a sangue!

Io "dialogavo" in barberia con ogni genere di persone, gente reale, gente alle prese con il lavoro, spesso ingrato, con le malattie, i figli da crescere, le morti da accettare, con le gioie genuine e gli scherzi che rendono complici. E Bambinaccio stava lì con me. Ad allargare le narrazioni. E poi le proseguiva nel suo paese. M'ero illuso tu stimassi questa maniera di vivere la poesia che c'è nel reale di tutti e che ognuno affronta col suo linguaggio. Vite non illustri! (Bambinaccio alle Vite non Rinomate e Ribelli aveva dedicato prima di suicidarsi un'antologia). Invece volevi "dialogare" con coltissimi poeti nominatisi unici per teoria e versificazione. Frequentare gente nominatasi illustre in poesia ed arte! Espungendo il reale e la vita comunitaria non meritoria della tua e vostra poesia per trasferirvi in confuse mitologie sincretiste alla portata di pochi addetti. Da commentare entusiasti ognidì sul webbe. Che schifezza mi proponevi! Ho sgocciolato sangue come se mi avessero fratturato il setto nasale. E i conati di vomito mi strattonavano più della tramontana sul lago di Puccini. Confusamente capivo il raggiro ed equivoco in cui ero caduto.  


Proprio non avevi inteso niente di me, Neera, del taglio e piega del mio petto ferite comprese! Ti aveva convinto a questo desiderato impiego poetico...  una “lettera molto calorosa” del direttore della rivista del quale non ricordo il nome; e poi la “musata” picchiata nei versi d’un altro eccelso cosmopolita poeta da cui potevi imparare tanto. Poesia che ti donavano come verbo e sasso che cala nell’acqua i cui cerchi ti raggiungevano ninfa, immagino, visto il contesto neo-greco della sublime combriccola. (clikka: "Il cerchio nell'acqua e la macchia rossa")

Posso dirti che, a me, neppure se m'avessero offerto la direzione della Rossano Ferretti Hair Spa con più di 20 saloni attivi in giro per il mondo compresa l'Italia, avrei lasciato l'umile "nostra Barberia" che prendeva estro creativo dalla nostra complicità in ogni capriola inventiva d'amanti. Come potevo, Neera, giustificare il tuo voltafaccia e ripudio? 

Ti ricordo che quando alla poetessa d'Engadina offrirono una carriera letteraria ufficiale in rivista universitaria a Pisa lei scelse di stare direttrice e redattrice col suo Bambinaccio a stampare un ciclostilato! E disse ai letterati superbi: perché non scrivete ed entrate voi nella Redazione de "Il Foglio di Lalo"?! Potevi far lo stesso per il foglio "La Barberia volante di Neera e del Pazzo"! Ma l'hai evitata questa scelta, mostrando la reale caratura del tuo amore e bene e rispetto verso il "poeta pazzo senza libro". Come mi definivi enfatica. Nella recita che ti eri scritta negli anni assieme. Recita!


La poesia è di tutti e può essere scritta da tutti e soltanto così darà i suoi frutti. Così come vale il canto di tutti gli uccelli del creato!

Io Bambinaccio e la poetessa di Guarda a ciò siamo stati fedeli e ancora lo siamo.

Provo tristezza per te, Neera, che ciò non l'hai capito o sapendolo... ciò hai ripudiato senza neppure - lo ripeto come un'agonia perché questo m'ha offeso e umiliato ripercorrendo destino d'un Boine d'un Campana d'un Majakovskij per il barbiere sconosciuto di Nodica! e mi ha portato la CROCE e se leggi Kierkegaard intendilo nel suo fondamento! - avere il coraggio di guardarmi negli occhi o d'udire la mia voce in un cellulare,... e tutto ciò per cercare carriera letteraria con chi vuole apparire dal canto unico e celebrato.
Finirai finirete anzi già lo siete rochi afoni boccheggianti ed evitati come foste, polli, infettati dal vaiolo! E questa sia la mia ultima profezia e scherzo.


 


Picasso: Omaggio a Bacco. Litografia.



 

Che cosa potevo opporre io barbiere detto Il Pazzo a questo tuo “ritorno all’ordine” gerarchico? Che non volevo comando su di me. Sempre a pari. Anche con Bambinaccio mio fratello e la sua svizzera fidanzata. Il sangue al naso poi tumore, potevo opporre! Nient’altro! Ricordai vagamente che un giorno, a Parigi, con Bambinaccio e la sua dolce poetessa d’Engadina, lei disse che Noi, appunto il “noi adatto” a me singolo e con due amici della mia stessa pasta, davanti a un quadro di Picasso ambientato in Grecia con il re dell’ebbrezza e nella festa d’amore, disse la poetessa svizzera che eravamo come dei Dionisi. Il suo Bambinaccio lo chiamò Tafano matto di Dioniso. Eravamo poeti in questa maniera. C’era l’amore e l’amicizia in totale darsi. Sarei stato per sempre amico di Bambinaccio e loro in coppia si sarebbero amati anche se separati dalla morte. Senza bisogno di essere nominati intellettuali di pubblicare libri di venir riconosciuti poeti in antologia.
Loro li rispetto tu no!

Tu non mi sembri in poesia come loro. E il tuo amore, Neera, non ha raggiunto né nel reale né mai lo raggiungerà con le parole, quanto loro scrissero senza pubblicarlo. Quanto ho letto, nel tuo recente libro, pur non essendo un intenditore, il linguaggio non commuove, s’avverte falso, imitazione di lessici altrui sparsi per accattivarsene il plauso, finzione intelligente senza cuore vero.

Io, Paolo detto il Pazzo, sono comunista. E morirò comunista. Come ha fatto Bambinaccio annegandosi per amore. Sono contento di morire perché in un mondo dove anche le artiste come te, Neera, cambiano casacca per un libretto da pubblicare dopo essersi professate rivoluzionarie… è un mondo dove non voglio più vivere! Ne ho nausea.

Crepo però coerente, coerente con me stesso la mia storia di barbiere, semplice, e senza libri da leggere o da scrivere e da citare, figlio di un partigiano, come Bambinaccio, i nostri padri per non tradire l’ideale si sarebbero fatti ammazzare!, io e Bambinaccio lo stesso! Quelli come noi erano pronti a fare la Rivoluzione (e ora i tuoi dottissimi codardi maestri ci  prendono in giro perché poco poetici senza poesia adatta. Dov'erano quando io e Bambinaccio avevamo i fascisti assassini alle costole e la Digos pronta a imprigionarci?! TU lo sai Neera dov'erano! eccome se lo sai!) mi spiego?!?, non una patetica carriera letteraria, ricordatelo, quando ci evochi! in luoghi a noi inadatti e ostili come il gabbio dove vivi felice!, mai sarei andato a servire artisticamente chi teneva chiusi in carcere, sorvegliando e punendo e premiando (lo scriveva un francese filosofo di cui non ricordo il nome) i comunisti, e continua questo "mestiere" oggi uccellatore di voliere dove tu stai contenta e antologizzata secondo regole di poesia da questo tipetto imposte. Mai io e Bambinaccio ci saremmo scambiati con un servo delle multinazionali del rame seppur definitosi perlaceo poeta eccelso e ontologico. I mazzieri fascisti in lucchesia portieri della multinazionale ci cercavano, me a Bambinaccio, per massacrarci. Valgono le perle del sudore operaio (l'ha mai visto uno che muore per malattia presa in fabbrica questo impostato snob con cascinale in Chianti e pipa fumata sul Gange?) e di quelle estetizzanti banali come gioielli di plastica!, non me ne frega un accidente perché ingannano gli oppressi e gli sfruttati. Tanto più che questi tuoi eletti protettori in poesia usano persino, svergognati, i pensatori marxisti! maledetti! con un solo dito, nemmeno la mano, seppure sia malato e morente, gente simile, se l'avessi a un metro, l'attaccherei all'albero più alto del giardino: uccellacci impagliati del malaugurio culturale e politico!

Hai avuto persino, Neera, la sfacciataggine di scrivermi che erano più proletari di me! "Ti sembrerà incredibile ma sono più proletari di te!" Ho mai diretto carceri per detenuti politici comunisti a Pianosa? Son mai stato sul libro paga di una multinazionale del rame che sfrutta dalla Lucchesia all'India milioni di operai facendoli morire con salari da fame? E tutto cio per dirigerne la rivista di estetica e avere entrature culturali sopraffine! Come ti sei permessa, Neera, di scrivermi questa bestialità!? Più proletari di me queste burlette d'intellettuali esaltati in poesia che smerdano tutti i poeti e poetesse che non la pensano come loro? A questi svergognati chi glieli paga cascinali viaggi riviste e vite nomadi da colti snobboni sulle tracce di qualche stronzata estetica che dovrebbe renderli unici nella storia del pensiero? Seriosamente nei loro linguaggi sono ridicoli. Scoreggiano più in alto del proprio buco di culo! E tu scambi le scoregge per sinfonie. Questi non sono proletari. Ma dei piccolo borghesi frustrati e banali. La rovina del proletariato e di ogni rivoluzione possibile. Quando sembra ci sia in atto vorrebbero guidarla. E se fallisce la denigrano! "Non c'è mai stata poesia negli anni sessanta e settanta" declamano. Sono dei miserabili!

I loro poemi sono mediocri e scipiti. Senza stile. Indistinti polpettoni. Che nessuno considera e non perché sono il misconosciuto cambiamento poetico, giustificando l'isolamento paranoico, che ti hanno fatto credere, bensì perché sono dei troiai stilisticamente! ai quali aggiungi il tuo contributo senza stile! 
Ne ho raccontato cento volte di meglio in barberia, ne ha scritti, evitando di pubblicarli per evitare la carriera singola d'autore, cento volte meglio Bambinaccio. E tu lo sai, Neera, eccome se lo sai! e né io ne lui mio perduto compagno annegato né la Ranocchietta d'Engadina volevano imitazioni e seguaci. Ma libertà nell'accoppiamento nel vento libertario e infinito.
"Questa è rivoluzione questo è cristianesimo questo è comunismo", mi scrivevi e dicevi entusiasta. 

Ma come hai fatto, Neera, a ripudiare tutto questo?? per metterti a lustrare la targhetta di questi disperati che la posano in vista su smilzi scrittoi da dove impartire lezioni poetiche al mondo! Scrivi di etica, nel tuo libro, scomodando Kierkeegard... beh chiedi ai tuoi "lord protettori" perché non hanno mai scritto una, dico una!, poesia per i carcerati a Pianosa torturati comunisti; né una poesia, dico una!, sugli operai morti nelle fabbriche del rame. Che etica! che Dio! hanno questi cicisbei poetici dai quali impari la poesia e l'estetica? a me fanno schifo! Tu, invece, ti sei inginocchiata, ex compagna anarchica davanti ai loro spropositati curriculum vanesi dove deborda l'ambizione di essere qualcuno e invece non sono niente!

Con l'ultima mia lucidità d'òmo che mòre, penso che se tu scrivessi, Neera, sulla tua abiura e tradimento, creeresti un capolavoro. Fino a svenarti fino alla follia mortale fino alla sincerità che mozza le ali e il respiro. Il male in loro stessi Bambinaccio e la poetessa di Guarda erano capaci di rivelarselo. Io stesso, scrivendoti, rivelo il male nel mio animo di sciagurato barbiere e giocatore di carte e cacciatore di frodo!

Ora hai inteso perché è giusto non ritrovarci più in altre vite!? L’amore assoluto per me necessita, Neera, non di abiure verso il comunismo e l’anarchia, bensì della sua coerente cura e accrescimento.

La intendi, Neera, la legge della poesia matta che riguarda me Il Pazzo e Bambinaccio? Essa non necessita di teoria. E per questo unica. Che rifiuta la gabbietta dove cantare rinchiusa da qualche esaltato "ingabbiatore" frustrato per cantare sola e in comitiva. Ti sei fregata da te stessa.

Lo ricordo Neera, perché non ho tempo da perdere con i colti sapienti poeti capaci di riassumere tomi di filosofia proponendosi loro come sintesi superlativa di tutti!, senza farla tanta lunga, come  barbiere detto Il Pazzo, ricordo che appartengo a quel quadro picassiano con i miei due perduti amici nel mare annegati in date diverse ma nel tempo stesso accosto in un legame invincibile. E proprio perché tu un legame così non sai neppure dove stia di casa (seppure mi scrivessi, per esaltazione letteraria, che "La nostra chiesa posa su roccia inscalfibile", essendo invece, tanto per restare nell'ornitologia da banco: guamo e merda alata destinata a fertilizzare la tua carriera ontologica) nell’umano, tutta la tua poesia è falsa come i dipinti pompier che illustravano una Grecia mai esistita. E che Picasso scardinava dionisicamente. Per capire quanto ti scrivo, per scoprire, io ignorante, cosa sia tu con la poesia dopo di me ripudiato barbiere,… bisogna morire. Oggi col sangue tumore al naso questa è una morte meno dolorosa. Di quella da me vissuta un anno fa. Accettabile, accettata.

Proprio così, sono morto il 10 febbraio, a leggerti. Perché il barbiere Paolo detto Il Pazzo, da illuso, come sai, Neera, ha firmato e creduto, aveva firmato aveva creduto, a tutto quanto avevi portato, nella mia vita strampalata cioè,... che ci eravamo già incontrati e amati in altre vite, che somigliavo Modigliani per i suoi stravizi e follie estetiche e tu a Jeanne Hébuterne; a un certo Boine ligure per i suoi furori e struggimenti e per come si rapportava alle donne. E secondo te, Neera, Jeanne avrebbe lasciato solo nella malattia il suo Modì?, per buttarsi tra le braccia di una teoria estetica dove chi la divulga usa un mazzo truccato di carte per sbaragliare avversari poeti e farsi osannare da adepti e adepte? Jeanne si buttò dal quarto piano sul selciato! E il loro amore entrò nella leggenda. Più importante di qualsiasi dipinto e parola! E il poeta Giovanni Boine, ne ho letto la biografia, cosa avrà provato a morire in un maggio di salsedine, solo e senza un atto di misericordia da parte di chi diceva di amarlo, con la sua tisi e il sague sui lenzuoli? 

Pensaci se ti capita, Neera, e la prossima volta prima di vivere di proiezioni estetiche stai a contatto del vero degli eventi e non nella scia di fumose interpretazioni estetizzanti di vite drammatiche. Come hai fatto con me, con Paolo detto il Pazzo. Che muore e non si riconosce! nelle tue prose poetiche dove oltretutto mi metti in voliera e tu in un'altra separati in questa vita. Non ho mai abitato una voliera!, Neera. Il mio sangue nel naso nasce dalla libertà che vissi nel cielo aperto e nel bosco. E dalla voliera tentai di liberarti e libera amarti! Nella voliera ci stanno i tuoi amici poeti canterini sul Nulla in attesa d'essere applauditi comprati letti. Non io! Non il Pazzo! Non Bambinaccio e la sua poetessa colomba. Col petto macchiato di sangue. Lo stesso sangue di Jeanne Hébuterne!

Nella voliera dove hai scelto di abitare con la tua poesia, Neera, ci sono Avvoltoi e Pellicani Li declino pennuti!  Anch'essi sono volatili.  Si cibano delle carogne letterarie e portano nel gozzo carabattole sminuzzate di poesia e filosofia da farvi inghiottire. Adibiti un tempo al controllo carcerario delle voliere e al servizio di multinazionale del rame che ai passeri della Garfagnana ha provocato morti e dolori. Un falco come me con questi pennuti non ci si scambia. Li disprezzo come poeti e come nemici di classe! E questo è un altro motivo, quello politico, anarchico, per cui in altra vita, dopo la morte, non voglio più rincontrati! 
Hai portato, tu Neera che ti definisti anarchica e rivoluzionaria, in voliera, lo straccetto rosso dei volatili oppressi! al servizio degli avvoltoi e dei pellicani e dei pavoni!

Immaginare poi, in parti del tuo libro, di spiegare l'amore che vivesti assieme a me con la teoria quantistica applicata alle voliere nostre (non sapevo esistesse questa teoria della fisica. M'informa la Garzantina di casa per rudimenti manualistici) dà la misura degli spropositi intellettualoidi a cui ti affidi. Mi fanno sorridere. Con pena. E scherzando di dico che neppure la teoria di Plank potrà aiutarti a ritrovarmi se io non voglia accada. Meglio se ti affidavi al profumo dei moscardini nella trattoria lucchese mangiati, con me, zuppandoci il pane, credimi, Neera. I moscardini in amore valgono più della teoria quantistica! Ma Paolo, pazzo, annebbiato dal dolore della malattia mortale non pretende di convincerti!  

Allora, però, credetti che mi avresti, come dicevi, preso per intero, anche con difetti e rovinose follie. Insomma pensai che se cercavi un Figaro del tutto diverso da chi frequentavi prima di incontrarmi, adesso ce l’avevi, senza gli orpelli, li chiamavi così, di cultura e raziocinio e libri letti e viaggi compiuti cosmopoliti e lingue tante conosciute comprese, ahi!, le morte!, benedivi la mia singolarità di escluso e matto alle regole solite della vita; convintissimo di essere adatto, l’ho scoperto lo scopro! ancor più morendo, a una vita felice più o meno lunga nella Natura altro che Cultura!

Non avevo tenuto conto che potevi stufarti del mio semplice paesaggio e del mio lessico semplice da barbiere. Non è durata la coppia e sei rientrata dove hai, ah ah battuta, il nido e lo vuoi con i comfort dell’enfatica letterarietà compresa la filosofia esistenziale ah ah, piumata!, peccato fossi un cacciatore di frodo e se proprio uccello, oltre al mio tra le gambe, mi garbasse il falco; fosti tu a farmi leggere una poesia, una delle poche che ricordo dedicato a un falco con l’ala spezzata di un certo americano il cui nome sembrava un medicinale, non lo ricordo, ma tu intendi, il falco necessita del colpo di carabina per pietà e misericordia del suo ruolo, e il poeta glielo spara e l’ammira, e tu vieni a blandirmi con un poemetto in prosa e prima ancora a uccidermi con un trafiletto speditomi telegramma, per poi diventare poetessa sul webbe e su carta stampata… naturale, nella mia natura, che morendo prenda contromisure, per in altra vita, oltre questa, nel cerchio infinito dell’universo, non incontrarti!

Nello scritto ornitologico mi incolli le piume di uccelletti feroci e sgraziati nel canto. Non ci ho capito nulla nei richiami filosofici. (Salvo che del filosofo danese scrisse Bambinaccio e la sua compagna d'Engadina in materia di scelta della Croce; l'han vissuta ambedue, per vivere l'amore, unico, che conta. Di più non so!). Ma in quello della Taccola storpiante il bello, nella coppia, scrivi che “segnò l’impossibilità nel concreto (ma non la fine) d’un amore assoluto”; e allora ho dedotto che tu pensi di rincontrarmi in un'altra vita.

Ebbene, io Paolo detto il Pazzo, questo vorrei evitarlo. Per me. Per te. Lo ripeto. Il nostro amore assoluto non lo era ed è finito. Ed era possibile si realizzasse se tu non cercavi una poesia che negava il tuo amato barbiere!

Come tradiresti stavolta il barbiere nominato amore assoluto? Per raggiungere ancora una rivista di colti intellettuali poeti pensatori, che a me appaiono, sono, svolti nella stronzaggine. Nella mediocrità esaltata. Scrivono senza farsi capire. Che poeti e scrittori sono?! Tu stessa prima capibile ora ti infarini in una prosa in dei versi che ci vuole l’enciclopedia per intenderne metà. Li copi. Evidentemente. Il capello vivo nella cute copia i capelli da parrucchino. Che idiozia stronza che vivi Neera! E io per stare ancora legata a te dovevo, barbiere di talento, riverire questi parrucconi incipriati di citazioni? Non era proprio possibile. Come chiedere al falco di diventare vegetariano!


 

Il Pazzo e Neera a Marina di Pisa.
Quando lei gli giura che lo prenderà intero.
Compreso il male e la follia che l'agitò!



 
Come mi tradiresti in altra vita? Come mi tradisti nel passato prima di questa? … e sarò sempre un barbiere? Nel passato magari mi avrai tradito per uno o un gruppo che vendevano lozioni e profumi e articoli di bellezza, estetica insomma, decantati come unici!, che li produceva producevano dandoti responsabilità nel prodotto e sua diffusione? Nel futuro io barbiere mi tradirai per raggiungere una rivista di matematici con me che conto con le dita?

Neera, veramente, voglio morire senza lo spavento di rivivere quanto mi hai “donato” l’anno scorso. Il 10 febbraio. Con me barbiere rimasto solo come cane da fiuto a cui avevano buttato pepe nelle narici… appunto dove mi sarebbe scoppiato il male mortale… ma perlomeno venirmi a trovare, che fra l’altro in quei mesi sei pure guarita dai tuoi malanni - bastava una sosta di poche ore sulla direttrice tua per Roma verso i "laboratori poetici" - e dirmi a voce, guardandomi, Paolo detto Il Pazzo, me ne vado a vivere un‘altra esistenza. Sono stati intensi gli anni assieme ma ora devo vivere altra esperienza con coloro che sanno di lingue varie che viaggiano non soltanto sul Serchio o a Marina di Pisa o a Vecchiano o sulle Mura di Lucca… confrontarmi, intridermi, mischiare versi con intellettuali e amiche che scrivono come me. Con linguaggi sopra la medietà in giro. Pubblicare. Ricevere recensioni. Farmi conoscere autrice.

Nel tuo libro indori, imbelletti il tutto della nostra vicenda, appunto, con questo linguaggio che cresce dove sei capitata. Veramente non voglio rincontrati in un’altra vita!

Il tuo amore era piccolo o se vuoi non abbastanza grande; se ne ricavi, ammesso sia possibile, un’ornitologia vasta come poema bellissimo da Premio Viareggio… sarò contento per te, se questo cercavi. Ma non puoi a me, l’unico a questo punto che sa la verità, dare a intendere il contrario. Che son io ad averti ucciso con la fionda del monello-grande. No no!… avrei dato la vita per te… lo riperto... intontito dalla morfina... altro che ucciderti… eri mi avevi detto la ragazza che saltava i fossati selvatica e che, anarchica e libertaria, disprezzava gli intellettuali che mirano a dominare l’essere e il sesso di riferimento con la cultura… lascia perdere il proposito di amarmi ancora!, non so che farmene di un amore siffatto,… se l’avessi inteso prima, che bastava una “lettera molto calorosa” una “musata” in versi ritenuti sublimi, sarei campato anche più a lungo. E poi appunto sono un Falco e per spezzare il mio volo ci vuole il colpo di fucile impietoso del destino non un'allodola che ha cercato un nido dopo l’altro per avere, illudersi di avere, la poesia sulle piume e nel canto e disposta, per questo miraggio inutile, persino a liquidare un amore detto assoluto con telegramma brevissimo colmo di stop. Al Barbiere di Nodica detto Il Pazzo!

Amore che si fondava sul gelato leccato golosamente sui Lungarni pisani; sugli abbracci nel Baluardo di San Colombano a Lucca vissuti come in ventosa villa sul mare gioioso e oggi da me sentito come spuntone di un'Isola dei morti; sugli sguardi silenziosi dati al Serchio dal Ponte del Diavolo a Borgo a Mozzano, con me Buon diavolo barbiere che ti raccontava leggende scritte sull'acqua verso la foce e tu felice diavoletta sbarazzina che mi donavi la schiuma d'altre onde ventose. 
Questa poesia, Neera, non può tornare.
L'hai perduta ripudiandola!
Ma è quella, sappilo, te lo dice chi muore, che conoscono e vivono gli uccelletti dall'alto nel celeste... sia taccole o averle o allodole o falchi. Questa poesia in me, per te, non c'è più. Né voglio viverne ancora un calco con te!

Dammi retta. Fattene una ragione che magari sei brava e competente a scrivere ma che in amore, certamente quello per me, sei stata, toh, non t’offendere, una quaglia. Pennuta. Con salto all'indietro. Non certo un’alata e tragica e poetica uccellina. L’umoristico, non offenderti vale, come il tragico se una, te per certo, non sei portata a viverlo capirlo scriverlo; probabile per te sia adatta la commedia, l'operetta … così riunirai il tuo essere al tuo corpo alla tua vera personalità.

Ti rivelo che Bambinaccio e la poetessa d'Engadina si definivano piccioni. Perché il piccione, e ciò non lo sai con tutta la tua ornitologia libresca, che è l'unico volatile che, maschio e femmina, se perdono l'altra parte, mai più s'accoppia. Vive solo. Il più impoetico, lo vedi!, degli uccelli, è quello più sublime nella fedeltà. Non sono addetto alle cose letterarie, ma il piccione può ritenersi umoristico, per la sua goffaggine e volo, e insieme tragicamente alto nelle scelte.

E se anche, Neera, la grande poesia fosse così possibile?! Pensaci. Bambinaccio e la canarina di Guarda erano dentro questo mistero di bellezza. Bambinaccio piccione è stato fedele alla sua compagna sulla grondaia, anche in sua assenza, nella vita poetica più alta. Se avevi capito questa coppia non saresti mai finita dove stai per carriera estetica e mai avresti lasciato la Barberia del tuo Pazzo di Nodica.

Sono gli atti che contano. Neera. Non li puoi mica cancellare con poemetto voluto d'alto linguaggio e lignaggio o grazie a prosette con attorno spropositate prefazioni e postfazioni (da restituire alla coltissima studiosa così come lingua si passan le scimmie in gabbia sugli organi sessuali esposti) e stampa a inchiostro ed elettronica. Dentro di te lo sai! L’atto verso me è stato miserando!, squallido, un addio da tre lire, da un euro, un euro tutto un euro! gridano i venditori ambulanti a Marina di Vecchiano dove andavo a pescare, ecco il tuo amore è da un euro… tutto a poco! compreso contorno d'estetica! C’è anche la mancia per me barbiere detto Il Pazzo. Che muore e che in altre vite gradirebbe non incontrarti perché son sicuro, fesso come son fatto, ancora mi fregheresti con qualche bella parola, atto simbolico teatrale, tipo la tua mano sul mio petto spellata che scalda e salva il mio petto dal male che mi fecero e da quello rivolto a te adolescente e giovanissima donna, detto il "patto baluardo San Colombano di Lucca", o altri gesti che poi scordi simbolici e che per me valevano più del respiro… meglio che ognuno viva la sua eternità: la mia per certo scema e la tua intelligente ritenuta alta, direi ontologica.

Che ganzo scoprire questa Verità con un tumore addosso e il sangue al naso,… se accettavi di essere scema come me il nostro amore sarebbe stato eterno, e, probabilmente bello salvando, esso amore, due scemi amanti.

 





 

Lo sai perché Wild Bill Hickok fu ucciso? Non lo sai di certo! Sai tutto di teoria e poesia e filosofia e citazioni e non sai della morte di Wild Bill!

Wild Bill giocando a poker non dava mai le spalle all’ingresso del saloon Giocava con le spalle alla parete. Così vedeva se qualcuno entrando avesse avuto intenzioni di sparargli.

Quando quel giorno, il 10 febbraio, desideravo giocare tu mi indicasti il saloon. Mi hai detto stai tranquillo, Paolo detto il Pazzo, siediti. Inizia a giocare. Smettila con l’assurda cautela di sederti con le spalle alla parete. Dalle all’ingresso. Che poi io entro e ti abbraccio mentre giochi le spalle e ti bacio la fronte e carezzo i lunghi capelli che da barbiere dovresti almeno tagliare le doppie punte.

Ti ho creduto. Sei entrata e come il vigliacco Johnn McCall mi hai sparato alla testa. il trafiletto telegramma del 10 febbraio! Nessun libro a posteriori, Neera, può cancellare questa tua scelta!

Ecco, Neera, fai conto che il pistolero tradito e ucciso abbia non le carte, dette “le carte del morto” due assi due otto, ma questa lettera che leggerai. La mano del morto di Wild Paolo Pazzo.

Questa lettera che ti avrei detto a voce guardandoti negli occhi se tu non ti fossi nascosta da me senza poterti raggiungere, ti farà lo stesso vedere le mie pupille scure la mia fronte il sangue del naso con la morte la stessa mia voce udrai seppure ne negasti il tono in ogni telefono con le segreterie innestate muro; questa lettera ti rivelerà che sta morendo l’uomo, da te ucciso, che più hai amato e ami nella tua vita. Che cercherai in altre vite! Il nido disertato il suo cuore Pazzo! Tanto da vaticinare nel tuo libro pubblicato di rincontrarlo. Non sarà possibile! gli amori vivono nel cerchio eterno se c’è la fedeltà a quanto è per sempre. Le uova che deponi sono malate hanno troppe parole nel tuorlo. Nessun uccelletto poeta poetessa può nascere con troppe parole. Ne rimangono soffocati. Se ti tocchi la gola anche tu hai un groppo di pianto. Ecco piangi. Piangi Neera! e se il pianto diventa rosso hai toccato il male che mi uccide. E un po’ di poesia ancora la potrai vivere. Ma lontano da me!

Il tuo libro pubblicato, Neera, si sforza poeticamente in prosa di rivelare il tuo passato e il tuo presente. Nelle arti nell’amore.

Dalle mie parti, Neera, visse un grande scrittore che scrisse libri fondamentali, altro che i tuoi amici coltissimi, sugli equivoci piccoli, il nostro è stato un piccolo equivoco, con una passerotta che ambiva a diventare usignolo e con un rapace matto come me, un falco in cerca della carabina poetica che lo uccidesse scopertosi fratturato. Ucciso invece da un trafiletto postale. Del tutto impoetico. Brutto.

E poi, pur non essendo smaliziato in cose letterarie come te e i tuoi amici, ti scrivo, ti rivelo, col sangue al naso, che sei entrata, Neera, in un perfetto gioco del rovescio col tuo libro scritto e pubblicato.

Tu hai scritto il tuo passato con me in amore e follia, ed hai rivelato il tuo presente. Ma è il tuo passato che ancora desideri. Mentre il tuo presente, composto della sostanza nei rapporti poetici e sentimentali che ti fece ammalare un tempo, è il tuo passato: fatto di gerarchica sottomissione, dove sei ed eri imbeccata con parole a te inadatte e alla lunga superficiali e inutili.

Intanto i becchi liberi che mangiano cosa vogliono, volando dal nido, frutti insetti erbe granaglie, non puoi più conoscerli. Vivi a comando d’alimentazione e di volo. E questo sia il mio ultimo gioco di animale pazzo vivo che nella morte trova volo senza freni. Come il Falco, oh mi è tornato a mente il poeta, si chiamava Robinson Jeffers! Addio Neera!

 

... non restava che imposta miseria
l’osso era troppo rotto per risanarsi, l’ala strascicava
sotto gli artigli muovendosi.
(...) tornò chiedendo la morte,
non come mendicante, negli occhi conservava
l’antica indomita fierezza. Gli feci dono del piombo
nel crepuscolo. Ciò che cadde languido era,
piume  (...) ma quello che si librò, il guizzo impetuoso:
gli aironi notturni presso al fiume in piena
strepitarono di paura quando si levò,
prima che fosse del tutto spoglio di realtà.



Tuo Paolo detto Il Pazzo










Paolo detto Il Pazzo

POST SCRIPTUM: PAROLA LUCENTE NEL SUO VOLO SEMPLICEMENTE INFINITO

TE SEI PIU' IMPORTANTE

 

Te sei più importante, mi disse Bambinaccio. Te sei più importante, disse alla poetessa svizzera. Te sei più importante diceva lei al suo Bambinaccio. “Te sei più importante”, poche parole, ma salvarono l’amore assoluto il bene infinito. Questo il linguaggio degli ultimi, che ha riflesso nel Vangelo. Poche parole ma che non scadono nel tempo terrestre e in quello dell’eternità che ci è dato vivere.

Ti rivelo come nacque questa espressione, Neera, rendendo necessario il post scriptum del Pazzo morente.

Quando Bambinaccio, scrittore Feltrinelli e corteggiato da Sellerio, a Vecchiano doveva incontrare a cena, nel giorno, autori magari con decine di libri e giurati al Premio Viareggio, in casa dell'autore del Sostiene Pereira, quando un brindisi un’amicizia un’intesa pure una scopata può significare un libro pubblicato, una presenza in TV, recensioni amiche sui magazine… se lo chiamavo al telefono per andare a pescare lucci e tinche sul Lago di Massaciuccoli-Puccini o andare a caccia di cinghiali lui sceglieva l’avventura con me. A volte lo facevo apposta per metterlo alla prova. Se poi gli chiedevo perché veniva con me lasciando i grandi autori e autrici ed editori (che pure stimava per quanto avevano ideato, e ricambiato per quanto da lui ideato e nascosto, perché sputtanarli ognidì come fanno i tuoi pseudo maestri è da frustrati invidiosi e basta!)  a cena in Piazza dei Cavalieri senza di lui, rispondeva sorridendomi, non lo scorderò mai, Neera questo suo sorriso, era identico al mio: “Te sei più importante!”.

Se la sua poetessa stava dolorante nelle ossa, nelle febbri, in Engadina, lui passava ore al telefono da Vecchiano, con la prolunga alla cornetta, si sedeva sul dondolo scorniciato del giardino sotto la magnolia, a due passi dal cancello verde canto il pino, e stava con chi amava. Se Lei gli chiedeva perché non fosse in giro a distrarsi un minimo, lui rispondeva: "Te sei più importante!" E poi si buttava in branda lieto senz'altri desideri che non dire: "Buonanotte Lalo, al padre morto, buonanotte Canarina d'Engadina" prima d'addormentarsi. Ho sempre ritenuto questo suo atto d'ogni notte la sua poesia più grande!

E la sua amata Canarina d’Engadina se lui la invitava a raggiungere il letto a prendere i medicinali a non sforzarsi a parlare che le costava fatica, lei rispondeva “Te sei più importante!”. E prima di salutarlo, temendo di essere ascoltata da sua madre che osteggiava Bambinaccio e il loro legame, lo salutava con “Grazie grazie grazie”. Tradotto “Ti amo / e sarà / per sempre”.

Spero tu abbia inteso cos’è l’Amore per me, Neera. Ho tanto sperato che anche tu, una volta ricevuti gli inviti redazionali di cui niente sapevo, mi raccontassi tutto… dicendomi: “Te sei più importante!”.

Non è accaduto. Ciò è nascosto nel tuo libro. Nessuno mai conoscerà quanto qui scrivo. Ma tu ora sai che si può anche scegliere di dire “Te sei più importante!”. E questo è il volo e il canto più bello di qualsiasi volatile. Credo la poesia allo stato puro. Adatta se mai l'avessi ricevuta a essere capita e custodita, in questa vita e nell'altra, anche da un povero barbiere matto come me. Oltre la morte in altre vite, ove vado solitario, senza più rincontrarti, come recita la lapide che ho dettato.  Addio.
 

Lapide di Paolo detto Il Pazzo

SONO GIUNTO CON VOLO SOLITARIO A UN BATTITO D’ALI DAL NIDO DEL TUTTO.

E DA TUTTO CON BATTITO D’ALI SOLITARIO SENZA ABITARE NIDO SONO VOLATO VIA.

VERSO LA MIA MORTE VERSO ALTRA VITA. E VITE.