:: A.C.C.I.O. : Il problema dello stile. Con il Gallo Silvestre il Cacciatore Gracco il '68 da ricordare. Azione Comunista Comunitaria Internazionalista Orientata in difesa dei personaggi e generi dell'Olandese Volante


CDS: "Giacomo Leopardi ascolta il Gallo Silvestre"





A.C.C.I.O.
(Azione Comunista Comunitaria Internazionalista Orientata)

IL PROBLEMA DELLO STILE. CON IL GALLO SILVESTRE IL CACCIATORE GRACCO IL '68 DA RICORDARE
 

Lo sai qual è il problema fondamentale della tua esistenza estetica che t’inghiotte ombra nel disagio? Non lo sai!? E allora te lo rivelo con la voce del Gallo Silvestre, di Leopardi, che sto traducendo per un anonimo movimento anarchico parigino. Abbiamo deciso di festeggiare così il cinquantenario del 1968. Spargendo Leopardi a Parigi e Pisa con disegni sulle case abbinati a estratti da questo geniale poeta. Appariranno a maggio nel Quartiere Latino e alla Sapienza sui Lungarni dove la vampa della rivoluzione avrà la sua transitoria evocazione. A suo modo uno stile. Riversato in anonima comunità rivoluzionaria.

Tu uno stile tuo non ce l’avrai mai! E lo sai perché? Perché appena ne afferri il divincolamento, te ne spaventi, non lo ritieni adatto, lo trasfondi nella letterarietà enfatica che celebra qualche riflesso ritenuto da imitare. Ci picchi delle musate. Musate nel non stile. E quanto possedevi svanisce.

Prima agli esordi hai nominato tuo maestro un mistico coraggioso del Centro Italia poi hai cercato un sovversivo nei segni come me risalendo verso Carrara. Nella città del marmo hai sostato anni poi sei salita a Berlino, al Museo di Pergamo Plastic dove stanno reliquie in plastica della Grecia. Lì, in quella falsa esposizione d'una civiltà, hai pensato, con amici dediti al mito impaginato elettronicamente in plastica, d’innestare il tuo stile neoellenico. Che aveva smesso di divincolarsi. Soffocato? Di editare le tue poesie. Accosto a figure che, forsennatamente, cercano uno stile non avendolo, ma convinti di poterlo insegnare. Il che è patetico e ridicolo.

Assieme, combriccola senza stile, vi scambiate versi e celebrazioni imbarazzanti per chi vi legge, lacerti di debolezza senza stile, guidata da pensatori che mi ricordano il rame e il bronzo degli Achei; lo fanno passare per ferro. Ma ferro non è. Acciaio non è. Non sono i selvatici Dori. Bensì attempati fighetti dietro targhette smunte in conciliaboli tristi. Snob da trasfusione cosmopolita col tic della sciarpetta ontologica per fotina. Hai già offerto la tua vena ex-compagna? Gente che passa la vita a museificarsi. Tu lo scambi per acciaio. E così continui a tagliarti con le lame che, d’acciaio, approntammo assieme. È la tua sofferenza e rimpianto nascosto. Ti tagli le mani pubblicando tuoi versi espungendo l’acciaio che fu mio e nostro e tuo senza riconoscerlo. E sanguini.

Questo sangue che agita i tuoi nervi sarebbe il tuo racconto, la tua vicenda, su cui scrivere il poema a cui aspiri. Un rovescio. Ma dovresti intendere le ombre rivoluzionarie che evoco a Parigi a Pisa con altri compagni. Anonimi. Potevi essere con me in questa avventura, col tuo stile, ma hai preferito un tempio berlinese di plastica con reperti di stagnola rubati all’originario. Siete dei calchi e basta, decontestualizzati. Se anche ci fosse qualche originale testo esso perde d’ogni valore. In una lubrica messa giornaliera con esposte ostie senza alcun dio che non sia qualche sbiadito sincretismo. E tutto ciò per cosa poi?, il Gallo Silvestre lo rivela. Conosci il francese? Sennò usa una qualsiasi edizione italiana delle "operette Morali" del Recanatese.


 


CDS: "Il Gallo Silvestre mette l'illusione poetica alle strette"


 

Un temps viendrà….où le monde, et la nature même, s’éteindront. Et comme d’immenses règnes, d’immenses empires humains, et de leurs merveilleux mouvements, qui furent si glorieux en d’autres âges, il ne reste aujourd’hui nelle gloire, nul signe; semblablement de l’univers entier, et des infinis variations et désastres des choses créées, ne restera pas même un vestige; mais un silence nu et une paix profonde empliront l’espace immense. Ainsi, les mystère ad mirable et terrible de l’existence entière, avant même d’etre entendu ou dévoilé, se sera dissipé et perdu.
 

Ho sfogliato il tuo libro, edito a Berlino per conto del Museo Pergamo Plastic, curiosamente col tuo volto trentenne in fotografia che stava nella locandina con la quale in coppia recitammo, divertendoci, allora eri un’umorista anarchica come me, versi neo-dadaisti in un teatro friulano.

E ancora, in questo libro, non c’è il tuo stile nonostante le spropositate e sapientissime prefazioni e postfazioni ad assicurarne la presenza; e il tuo sforzo, insensato, ancora, d’adeguarsi ad esse. Ho provato un misto di pena e di, incredibile vero!?, tenerezza verso questa tua caparbia fissazione di diventare poetessa imitando chi stile non ha. Non l'ha mai avuto. E qui ho anche ridacchiato. Perché vivi un terribile equivoco. Chi frequentasti prima di Berlino, io e il Monaco, che fra l’altro più non scriviamo, e niente più ci importa di estetica, uno stile l’avevamo e poi sei finita ad imitare in una scuola di poeti e poetesse senza stile retta da una filosofia scopiazzata senza stile, dove ci sono nani senza stile che salendo sulle spalle dei giganti del pensiero si beano dell’ombra che rilasciano sul loro sito, poveri dementi, e tu in quest’ombra ti senti realizzata pensando di avere finalmente uno stile. Hai un'eco di Non Stile. Invece. Buffo vero? Perché è proprio di chi uno stile non ce l’ha che s’inventa la proposta teorica - nascosta debolezza? rimosso? alienazione? - di imitarsi l’uno con l’altro, inventando una scuola vassallatica, e dichiararla poesia superlativa, redentrice, unica. Una povera melensa torta a strati senza identità. Che non serve ad alcun matrimonio non dico col Bello ma neppure col Vero. Con lo stile appunto.

Ho sempre avuto un qual certo imbarazzo quando mi proponevi pagine che imitavano alcune mie, che pure avevo dimenticato (nell’imitazione non si è alla pari, non si è comunisti, ed essa può nutrire il tradimento, quanto più si cerca di essere fedeli alla scrittura imitata tanto più si può provare nascosto risentimento verso l’autore che la scrisse, è un rovescio) e che tu custodivi, e ora dove le hai gettate?, in centinaia di files temendo che andassero come altre mie opere smarrite, perché io non pubblico libri, tanto più qualcosa sulle mie tragedie, non vivo per scriverci sopra, al massimo l’estetica per me è un frutto da consumare lì per lì e poi sputare il nocciolo.

Un nocciolo come disse una filosofa e poetessa inghiottita giovanissima dalla tragedia a un mio amico fotografo, che doveva contenere due piante. Due piante in un nocciolo. L’amore in sostanza. Che se si realizzava, e si realizzò per loro, anche se per una manciata di anni, che bisogno c’era di celebrare un’estetica dove esaltare uno stile che nasceva con la facilità del seme poi frutto? Chi sarebbe tanto stupido e superficiale da gettare via l’amore per questioni di estetica? Di frequentazioni con personaggi senza stile che vivono soltanto l’adorazione per sé stessi?
 

 

CDS: "Il timoniere del Cacciatore Gracco"




Purtroppo, per me, come nel racconto del cacciatore Gracco, anni fa, il timoniere della barca sbagliò un movimento. Di chi la colpa?

È il Mistero che ha coinvolto la mia vita. Segnandola. Ma non di certo sulla questione dello stile. Che uno ce l’ha se non lo cerca. E si trova lo stile nei momenti decisivi. Quando si perde un amore che aveva i crismi dell’assoluto. Ad esempio. Perché appare la morte ad esempio. O una lunga morte che non trova esito, approdo, redenzione, stando in barca come accade al Cacciatore Gracco. Ad esempio.

Ecco, mia lontana ex-compagna, se vedi passare la barca che mi riguarda concludi tu questo leopardiano e kafkiano apologo da diario nato da chi veramente son maestri.


 


CDS: Il Cacciatore Gracco

 

Per il cinquantenario della morte della Rivoluzione, per il primo anno della mia morte d’autore, anonimo spargo due citazioni, le uniche che abbia mai usato, necessarie a me a te. Da Leopardi da Kafka.

E siccome di quanto custodisci, volesti esserne custode, usa pure quello che vuoi. Puoi anche firmare al posto del mio nome e cognome col tuo. Però attenta!, io faccio parte, minuscolo, infinitesimale, di un arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza e vado verso il silenzio, dice il mio fratello Gallo Silvestre, e Gracco col barcaiolo annuisce. Se sali su questa barca avrai un tuo stile. Ma il prezzo è quello che hai intuito se sei giunta fin qui leggendomi.



 


A.C.C.I.O. - AZIONE COMUNISTA COMUNITARIA INTERNAZIONALISTA ORIENTATA

PERCHÉ CESSI L’ASPORTO DALL’OLANDESE VOLANTE DI VELE E STIVA INABISSATA
 

L'Olandese Volante (gennaio 2011 - gennaio 2017) è stato il tentativo, unico ed originale, nel panorama on line, di creare narrazioni e un romanzo comunista transmoderno, con vari capitoli, con diversi personaggi con diversi generi che venivano narrati e illustrati facendo scomparire l'autore o gli autori.

Ciò avvicinava i personaggi al fumetto, alle serie televisive ai prequel e sequel del cinema ed al feuilleton ed al melodramma. Personaggi tragici, tragicomici, umoristici.

Questa avventura è stata interrotta il 9 gennaio 2017 con modalità (non ho potuto parlarne né da vicino né al telefono con chi dirigeva con me l'avventura dell'Olandese Volante passata ad altra rivista) che, per trama transmoderna e romanzesca, ho "sentito" come la rivoltellata di Robert Ford a Jesse James. da qui il romanzo "Western 9 gennaio 2017". Sull'Olandese Volante antologia sono pubblicati alcuni capitoli.

A.C.C.I.O. è una sigla rivoluzionaria nei segni  e invenzione ovviamente letteraria! Nessun atto clandestino sia ribadito.

A.C.C.I.O. si occuperà di lotte del proletariato. Di politica e storia del movimento operaio. Senza proporre alcuna estetica. Però, io nella sigla difenderò dall'uso sconsiderato (asporto in atto) di quanto nato sull'Olandese Volante per firmarlo altrove come basamento per rilucente teoria poetica da sempre estranea al veli perché reazionaria.

L'Olandese Volante esisterà ancora un anno o più come antologia. L'Olandese Volante ha in A.C.C.I.O. il suo proseguo. Per me è l'ultima avventura. Senza arti e letterature. Che mi riporta come un circolo alla "Piccola Guardia Rossa" (così mi chiamò Adriano Sofri) che nel 1968 aveva sedici anni. E militava nel Potere Operaio pisano. E vi riverserò la mia creatività, diciamo mestiere, per raccontare la tragedia e la follia utopica del socialismo.