:: Accio: 10 suoni giglio con cui ti piglio. A Sara Cardellino uccelletti erbario il 14 febbraio



Accio e Sara Cardellino - Venezia - 14 febbraio 2019





 

ACCIO

10 SUONI GIGLIO CON CUI TI PIGLIO

(Dieci perché son passati dieci anni dal nostro primo incontro a Venezia)

(per Sara Cardellino il 14 febbraio 2019)

(Data con uccelletti ed erbario nel vario nei baci stretti)

 

Per vivere con Sara Esserino, musicista, dal 2009 al 2011, presi a studiare musica. Nei 5 anni e 5 mesi, separati, per continuare a pensarla con me, ne ho raddoppiato lo studio, e quando lei è tornata come Sara Cardellino, la Domenica delle Palme 2017, ho potuto dedicarle interpretazioni di sonate e sinfonie con la grammatica propria della musica e non in forma di abbellimento a testi poetici o narrativi.

Quando scrivo di un “moderatamente lento” o di un “allegro vivace” so a cosa rimanda nella tecnica d’esecuzione e d’interpretazione e a quali strumenti. Soprattutto per compositori come Beethoven Schumann Liszt Brahms Ravel Debussy Mahler.

Il suono vive, qui, “alla pari” nell’incontro con la parola a cui l’accosto. Però il suono dei compositori che ascoltiamo, così come la musica eseguita da Sara Cardellino al flauto traverso (ed al pianoforte), per me, non necessita di parole per nominarsi diario di un legame di un sentimento.

L’anno scorso nacque (clikka) LA COLLANA 14 FEBBRAIO

 

 

PREFAZIONE

I 10 suoni, per il 14 febbraio 2019, si rivelano nastro con piante e fiori e alati pennuti. Perché uccelletti, in ornitologia ed erbari, fan parte della mia “filosofia” compositiva rendendo i legami rari e l’estetica viva.

 

 

1


Amaryllis Belladonna


 

CARNEVALE DELL’AMARILLIS ROMANTICO BIS

Ogni volta che ascolto lo Schumann di Carnaval scuoto una sorta di espressionismo scenico mentale evocato dal pianoforte. Scene con figure carnevalesche vagano e si divertono in un paesaggio da Sturm und Drang curiosamente sulle rive del Serchio, nei boschi lucchesi, sulla Marina di Vecchiano. E Colombina tiene tra le mani per me l’Amarillis Belladonna.



 

2


Emanto Scarlatto



 

L’EMANTO SCARLATTO CON BEETHOVEN È UN FATTO

La malinconia spinta fino a rasentare la disperazione perché tra il mondo che vivo e l’eternità numero astri tormentosi nella notte di giugno, si placa se ascolto il “Largo e mesto” della Settima sonata, op 10 n. 3, di Beethoven. L’Emanto Scarlatto in giardino l’immagino moltiplicato per divisione dei bulbi come elevazione di forme sonore che tengano amici i pianeti. Retorica musicale e floreale stanotte mettono l’ale. Su questa scema rima m’addormento. Meno inquieto.



 

3


Picchio Rosso Maggiore

 

 

ROMANTICISMO NELLE ORE DI BEETHOVEN DEL PICCHIO ROSSO MAGGIORE

Fra il 1809 e il 1810, mentre la vena del sinfonismo eroico veniva portata avanti dal «Kaiserkonzert» per pianoforte e orchestra e dalla ouverture per l'«Egmont» di Goethe, Beethoven ritorna alla indagine intimista con le sonate per pianoforte in fa diesis minore op. 78 e in mi bemolle maggiore op. 81a («Das Lebewohl»). Il Quartetto in fa minore, composto nel 1810, prosegue l'esperienza di quelle sonate. Il temperamento romantico incide ormai sulle stesse forme classiche, le modifica e rinnova volta a volta, propone varianti alle strutture obbligate.

L'Allegro con brio conta fra le più estrose contrapposizioni dialettiche della musica. Il tema burrascoso dell'apertura è placato ora da arpeggi ascendenti del violoncello, ora da una idea melodica della viola, vagante per tutte e quattro le voci, ora da un inciso amoroso del violino. Stupenda la frammentazione di questi canti, non più propriamente temi, ma simboli di emotività cantabile e distillati di melodia, che nella loro pregnanza scavalcano la logica formale del primo tempo di sonata. Altri tre princìpi sono raffigurati nelle immagini sonore dell'Allegretto ma non troppo. Un passo serioso del violoncello, un cantabile sereno del primo violino, un tema gemente di fuga della viola, ripiegantesi cromaticamente su sé stesso. Ed ancora suprema l'indipendenza delle voci, col violoncello che ora gareggia nel canto sopracuto col violino e riprende le ansie cromatiche nel suo registro più oscuro. Un accordo di settima diminuita introduce il tema balzante dello scherzo, ed anche qui il contrasto emotivo è sottolineato da un trio su un tema di corale.

Sette battute di introduzione segnano il trapasso dalla meditazione oscura alla supremazia del fantastico: un tema di rondò che con i suoi ritorni, sempre variati, fra couplets drammatici o dialettici, propone una sequenza affine a quella del finale dell'«Appassionata», conclusa nel dispiegarsi sfrenato di ogni energia.

Sette le uova che depone la femmina Picchio Rosso Maggiore. Sette i voli a spirale sul nido della sposa del Picchio Rosso Maggiore maschio. La coppia è stazionaria od erratica a seconda di come frulla il loro piccolo cuore nel rosso maggiore del legame. Si racconta di un Picchio Rosso che perduta la femmina folle d’amore, in silenzio, si mise a creare nidi disertati in centinaia di alberi, a scrivere versi incidendo centinaia di cortecce e rami, fino a ricavarne un poema in forma di foresta. Quando la femmina tornò, al richiamo del suo Picchio Rosso morente per una ferita ricevuta da malsana carabina, scopri quanto l’infelice suo sposo e amante aveva compiuto. Gli tolse il piombo dal capo e dalle ali, lo guarì, e senza sapere di quanto fossero romantici e beethoveniani, vissero assieme senza più separarsi.

 

 

4

Fringuello di monte




FRINGUELLO DI MONTE CON QUARTETTO SONORA FONTE

https://www.youtube.com/watch?v=CnY1H8MAqbE

Probabile che ogni spiritualità sui quartetti dell’epoca romantica in avanti discenda, come ogni suono che vira in simmetria con l’altrove detto amore infinito, dal Quartetto per archi in Fa minore op. 95 “serioso” di Beethoven. In esso ogni tragica passione che travolge per imperizia o destino avverso la possibile congruenza con la felicità, trova rivelazione nei movimenti negli strumenti nel tema di rondò con i suoi ritorni. Dialettica tra quanto è burrascoso in missione per sovvertire le forme classiche e romanticamente tanto da rivelare sconosciute ansie cromatiche. Il mondo e io in esso risorgerà dove aleggia sospesa eternità. Intese la massima il Fringuello di monte che stava covando la sua unica covata nel maggio? Lembi di cielo sembravano carezzare quelle rotondità le seriche piume materne. Il compositore sorrise e scelse nel cielo una grande nube bianca per sé.



 

5


Mechelen - Cattedrale San Rombaldo - Campanile con carillon




LETTERINA AL PICCIONE DELLA CARDELLINA

Accio,… ti scrivo con fotografie da Mechelen in Belgio. Vado a visitare la “Carillon Royal School”. Qui si sono formati i maggiori carilloneur del mondo. Saprai certamente, anche perché Fabio Nardi viaggiò con Karoline Knabberchen in cittadine belghe, quanto sia presente quest’arte musicale in Belgio che cala dai campanili. Per divertirti ho immaginato quanto siano più elevati, dunque decadenti?, i piccioni che abitano queste torri musicali e cattedrali. Rispetto ai piccioni italiani, ed anche a noi due, se è vero, come dicesti che tu sei il mio piccione e io la tua picciona. A proposito hai conservato quanto scrissi sulla nostra coppia picciona? Mi raccomando è la base del mio amore per te già a partire dal 2009! Quando ancora non ero Cardellino. Ah, cribbio, se tu sei rimasto Piccione e io son Cardellina non è che si crea qualche problema d’amor ornitologico?

Affronteremo la questione da vicino nel nostro nido. O veneziano o vecchianese!

Ora vado. Qui sono organizzatissimi. La scuola per carilloneur è seria e affidabile. E lo stato aiuta e finanzia, a differenza della nostra mesta Italia, le istituzioni musicali! Ti becco il becco piccione pisano, e ti lascio ai tuoi studi, se veramente li stai facendo, perché a volte sei bugiardo, piccione pinocchio, su quanto t’ho suggerito, in materia di Lied, e cioè quanto conti in esso l’unione tra linguaggio-canto-strumento. Stai al concreto, e non svolazzare da piccione sull’eletta grondaia dello Schlegel romantico, come mi hai scritto in precedenza, per svolazzare filosofia sul Lied d’arte poliritmico. Quando torno ti correggo i compiti. Se poi ti “monta il nervoso” mi farò spiumare volentieri. Tua Sara Cardellino


 

6


Canapino



 

FANDANGO CON UCCELLETTI TRA CASCINALE E CAMPO
 

Fandango, lo ballerai con me Cardellino, sui mattoni sconnessi del cascinale a Vecchiano? Dove prima si custodiva fieno e grano?

Chitarra come sole titubante a febbraio; nacchere sguardo d’intesa e moto sull’abbraccio sfiorato; tamburello per fianchi nel brillio istante del tacco punta sulle ciglia.

Gli spunti timbrici del fandango sorprendono il Canapino che tien nido sul trave. Partecipa alla danza con l’umidità che tien sulle ali crepitanti brina raccolta nel giardino.

Nella vicina Lucca, in una sera di febbraio, quando il gelo si depositava come rena sull’anima dei suoi amici storditi dal febbraietto corto e maledetto, Luigi Boccherini fece loro ascoltare un fandango eseguito con cembalo. Stupito seppi che da quello strumento a pizzico, e dalle possibilità virtuosistiche della tastiera il compositore stava tirando fuori l’apparizione di Dioniso nello spazio e nel tempo d’una città devota a San Martino e san Michele.

 

 

7


Marina di Vecchiano con Pancrazio – Foto Sara Cardellino



 

CON PANCRAZIO E BRAHMS TI RINGRAZIO

Il mio ruolo di Pancrazio marittimo, pianta spontanea ma in questo caso racchiuso in vaso, è quello di stare tra la viola e il pianoforte nella rapinosa sonata di Brahms per i due strumenti. Son bulbosa a foglie lineari bianca con petali stretti e aguzzi, elegante in pieno sole e sul palco dove gli interpreti suonano con carica espressiva esaltata e concitazione coinvolgente.

Gli strumenti si stimolano reciprocamente, scintillano nel virtuosismo nella tenuta strumentale. IO-Me-Pancrazio marittimo attenuo, con la mia presenza, altri ulteriori conturbanti intimismi. Accolgo, come un sacerdote puro, il velato colore crepuscolare della sonata, e lo trattengo per consegnarlo ad Accio e cardellino, sul mare, il 14 febbraio 2019.



 

8


Codirosso



 

CODIROSSO E ROSTROPOVIC A PIÙ NON POSSO

Io Codirosso fo’ tutto quanto posso per non apparire comune. Anche se è così che in ornitologia, che scienza non è mammamia!, mi definiscono. Sono elegante con fronte e sopracciglia bianche, nel vestimento piumato superiore appaio bluastro, gola nel nero intenso intenta, parti inferiori rosse con addome fulvo. Da aggiungere la coda rosso vivo con becco e zampe nere. Pertanto, non stupitevi, se mi sento pre-romantico: tocco, non toccato! Neh, da stile classico e aperto ali e volo verso il romanticismo.

Il mio nido ideale sarebbe nella cassa del violoncello di Rostropovic dopo che ha suonato il Concerto in Do maggiore di Haydn.

Il violoncello dell’interprete nella complicità con l’orchestra rivela ogni tensione fra le certezze del secolo dei lumi e le inquietudini sopravvenenti di assalto e tempesta sull’io i corpi il paesaggio d’una nuova stagione anche lacerante.

Il violoncello soffre, bisbiglia, gioisce ed io Codirosso comune porto nei colori questa dialettica. Nella sua semplicità disvelante dell’umano e di me volatile la verità. Raggiungo allora il mio nido, semplice, come l’alta verità del suono di Haydn sorto dal violoncello di “Rostri”, lo chiamo così affettuosamente, che ho ricavato tra le rocce, e dove le uova della mia compagna rilucono azzurre.

 

 

9


Jacobinia


 

JACOBINIA PER CASALS CHE SUONA BACH NELLA MIA MATTINA

Il violoncellista Pablo Casals (1876 - 1973), antifascista, durante tutta la dittatura franchista, che non vide cadere, mantenne una coerenza politica ed estetica grande. Si rifiutò, anche Picasso lo fece, di tornare nella sua terra, e, vi aggiunse, che non avrebbe mai suonato nei paesi che avevano riconosciuto la Spagna del dittatore fascista. E così fece. Viveva a Prades, nella Catalogna Francese, nei Pirenei. I suoi estimatori, ed altri grandi musicisti, per lui, in questo piccola cittadina, idearono un Festival dove potesse suonare con la sua immensa grazia e talento.

Nel giardino, come bordura delle aiuole, Pablo Casals teneva la Jacobinia. Pianta erbacea, alta quasi un metro, con foglie opposte traversate da nervature evidenti. I fiori della jacobinia sono di color rosso, a spiga. Pablo Casals quando eseguiva le Suites di Bach per violoncello ne voleva alcune accanto.

Bordeggiano la mia musica e il mio profilo, anche. Diceva.

 

 

10

 


Giglio rosso


 

BOLERO IN DUE FILOSOFIE PER AMOR SINCERO

La diversità tra me e Sara Cardellino, ovviamente dialettica, per ogni sintesi il 14 febbraio e oltre, appare in sommo grado, scegliendo differenti culture orchestrali rispetto a Ravel. Compositore e musicista da noi due ascoltato ed amato. Questo contrasto rivela molto di noi due e di come ci completiamo. Anche rispetto ai direttori del BOLERO di Ravel scelti: André Cluytens per Sara, Sergiu Celidibache per me.

Se poi accanto alla direzione d’orchestra, in ogni caso, traspare la filosofia trasfusa nella proprio civiltà musicale, posso affermare che il francese Cluytens nel dirigere il Bolero propone una varietà timbrica temperata dal razionalismo, e siamo a Cartesio; mentre Celidibache, mitteleuropeo, s’affida alla forza dionisiaca della composizione, e siamo a Nietzsche. Da qui, in maniera anche semplice, facile tradurre che Sara è apollinea ed Accio tenuto a braccetto da Dioniso. Sparsa semenza fino alla scemenza.

Nel Bolero di Cluytens, secondo Sara Cardellino, c’è la splendida scelta dei tempi, e la resa è quasi da tecnica pittorica puntillistica alla Seurat; alla sua ispirata saggezza razionale rispondo che poco conta l’esattezza del ritmo di fronte al mosaico iridescente, che il rumeno estrae dall’orchestra dalla partitura di Ravel, consegnandoci colori e timbri contigui ad ogni ebbrezza.
 


Giglio dorato


 

Anche i gigli che scegliamo nell’ascolto del Bolero sono diversi pur appartenendo ambedue alle liliacee. Sara s’affida al Giglio Dorato. Adatto a ricordare la fermezza classica, eroica, di Ravel nel sopportare la cerebropatia che lo consegna quattro anni all’immobilità totale e alla perdita della parola prima della morte.

Seppur commosso dalla delicatezza di Sara cardellino, il mio fiore è il Giglio Rosso. Che fiorisce in maggio e luglio. Proprio nei mesi che, era il 2009, andammo assieme alla Fenice ad ascoltare Ma Mère L’Oye di Ravel.

Senza trascurare che quando Ravel incontrò Djagilev, che gli aveva commissionato la partitura per il balletto di Daphnis et Chloè, il famoso impresario teneva tra le braccia un fascio di Gigli Rossi.