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ACCIO E CARDELLINO

:: Accio e Cardellino: Se tutto rivela il grano dandoti la mano. Campo alla Barra Contea di Clay Missouri - Come volavano gli aquiloni... come nasce il soprannome Accio.
18 Giugno 2018

Prefazione a un giorno di svolta

SE TUTTO RIVELA IL GRANO DANDOTI LA MANO
 

Sono convinto dai tempi che, ragazzo, lessi le prime poesie, dello Stil Novo, che la donna amata può indicarti la “via” e una “Vita Nova”. Che l’abbia ricevuta in dono nel grano della terra dove sono cresciuto può avere qualcosa di simbolico. Tutto stava e sta nel “gioco”. Inteso così e così, da me, compreso il 18 giugno 2018, grazie a Sara Cardellino. Che tutto si concluda, la mia lunga avventura nei segni, nella cornice western, con la presenza di un bandito (Jesse James), di sua moglie (Zerelda Zee), e di figure dell’esistenzialismo danese (Kierkegaard) e dell’anarchismo tedesco (Stirner), a me sembra parimenti adatto. E domani, la coppia, parte per Madrid. Chissà se qualche disegnetto e foto potrà ancora dirsi, “gioco”, da custodire, non come arte sia chiaro!, ma spiga, seme, nella casetta di legno al Campo della Barra.

 

 


Il bacio di Zerelda Zee Cardellino e di Jesse Accio James

al Campo della Barra Contea di Clay Missouri

il 18 giugno 2018

cds

 

 

Sara Cardellino

IL GRANO È TORNATO NEL CAMPO ALLA BARRA CONTEA DI CLAY MISSOURI

 

Quando mi porti al Campo della Barra, Accio, e ti guardo, ho percezione che qui, sta la tua formazione, che poi ha segnato tutta, ma proprio tutta, la tua vita. Letteratura arte politica ne sono conseguenza. C’è un bambino qui, bandito da grande rimasto bambino. Perché il tuo gioco tu non l’hai mai smesso. Dovresti riflettere, forse scrivere un’ultima volta, su - tu - Accio che gioca e come lo fa. Ricordati: come lo fa, senza smettere: fino ad oggi. Allora capirai, che, in questo gioco la pistolettata alla tua testa (entro nell’autofiction anch’io, perché per te questo è il Campo alla Barra-Contea di Clay di Jesse Accio James e Zerelda Zee Cardellino e qui portasti la Robert Ford, come nel film - clikka: "Quando salvai Jesse Accio James con l'Ave Maria di Schubert") che hai ricevuto l’anno scorso nel gennaio, è stata la risposta, certo violenta ma logica, di un mondo, anche di cose, cose letterarie?, a te assolutamente estraneo. Che mettevi sistematicamente in forse come Bambino-Grande col tuo gioco. Questo "inquadro" come necessario, per te, per noi due.

Ora provo l’amaca tra il pero e l’ulivo di Lalo che hai allestito. Se m’addormento non ti allontanare. Stammi vicino. Stamani da Venezia sono arrivata a Pisa col treno, ora sto in questo terreno coltivato,... domattina raggiungeremo Madrid!... m'assopisco "un gocciolino", come dici te.

 

Brad Pitt nel film

"L'assassinio di Jesse James

per mano del codardo Robert Ford"

2007




Accio

Al Campo della Barra, terreno che va verso il Lago Puccini, ho in questi mesi allestito una casetta in legno. Come fossi un cow-boy. Piccola. Ma possiamo dormirci, cucinare, mangiare, riporre gli attrezzi agricoli. La pompa dell’acqua per il pozzo. E difatti, in questo giugno, dopo tanti anni è tornato l’oro del grano. È stata la mia sorpresa per Zerelda Zee Cardellino. Nel grano ci sdraiamo, guardiamo le nuvole, ci baciamo. E i passeri fan fracasso sui peri sui peschi: e i merli sfiorano in picchiata le spighe zirlando. Sono tornato a casa. Ma cosa avrà voluto suggerirmi, la moretta?, che dorme come bimba, e impedirò che una sola mosca la sfiori!, evocando quel me stesso bambino nel gioco?

 

 

 



Accio

VESPERO GIOCATO DEL BAMBINO ACCIO

(Dal quaderno del Campo alla Barra

18 giugno 2018)

 

Il paesaggio apparso in un verso poetico da scrivere, composto da ogni elemento sintattico che rimandi a grano, fossati, alberi con frutti, lucertole nascoste nelle fratte, uccelli come ciuffolotti, averle, cincie, passeri nostrani per aria, insomma un mondo linguistico infantile percepito, con forme non casuali bensì causali: infatti da questa forma che il bambino ha in sé discendono le associazioni assolutamente libere della fantasia.

I genitori lo guardano, ne rimarcano i graffi, i segni di fango sulle scarpe, e pensano: il mi’ figliolo giòa a spron battuto, qui. S’impungia e si diverte. Avrà tempo per diventà serio.

Per Lalo e la Nada, come per tutti, il gioco è un concetto che tengono chiaro in loro perché adulti. Lo contrappongono, il gioco, al concetto di realtà. Ma per Accio, mentre nel vespero torneranno a casa, in Vecchiano, il gioco ha un significato assoluto. Il bambino non lo contrappone all’attività del reale. Per lui il mondo del gioco è tutta la realtà. Vive una condizione adialettica.

Gli adulti vivono, tutti, indipendentemente dalle classi sociali, nella struttura dialettica del linguaggio elevata sulla contrapposizione di fantasia-realtà, attività senza scopo e attività produttiva. Anche pubblicare libri, discuterne, fare mostre per vendere quadri, ricevere e dare critiche,… è un’attività produttiva, da grandi, da adulti.

Accio è fortunato ir su-babbo pensa a un mondo dove si gioi l’anarchia; e che esista una sartoria, pensa la Nada, dove tutti sappiano vestissi coi colori intonati, e cucinassi un cacciucco come si deve. Senza poi, lei, avere la ‘asa piena di gente a cena per mangianne uno stuzziino. Può gioare come vòle. Prolungare ogni gioo. E adolescente e poi più grande vedersi perdonate tante bambinate.

L’Angelo del Vespero, guardalo Accio, bisogna tornà verso ‘asa, e preparà cena e dà da mangia agli animali. Vien via. Stacci accosto e attento alle bue con la bicicletta se caschi ti sbucci più di ello che sei!

L’Angelo mani giunte e tonaa immaolata chiama i ‘ontadini a pregà e poi tornassene alle dimore in paese. L’Angelo chiama al dovere anche i bambini. Che tornano coi contadini. Stessa strada sterrata malnata del ritorno. Coi moscini attorno.

Accio ‘apisce quer giorno, aveva nove anni?, od otto?, che se l’infanzia deve rispondere a necessità diverse, di logica, di realtà, da quelle del suo mondo, L’Angelo per quanto misericordioso buono cristologico sòna la ‘ampana a morte per la sua fantasia. Non lo devo ascoltà né ‘apillo. Mi dico. Confusamente qui nacque la mia eterna ribellione. Per continuare, Sara Cardellino, il mio gioco. E tutti i fatti belli e tanti dolorosi conseguenti. Tragii. Non c’è forse un insetto matto, un Tafano, di Dioniso? Può imparare la ragione un essere mitologico simile? Caspita ovvoivedé che dall’Angelo del Dovere m’aiuta a salvammi un richiamo mitologio greco e, poi, oh sì!, poi, un diavolo come Stirner. Nessuno sopra di me!, nel gioco scelto fin da bambino. Son pronto a ogni rinuncia estetica, per il Dio del gioco, che mi fece alla colpa giocando. Mi dirò armeggiando col danese Kierkegaard. Ma intanto faccio il Bambino Accio che torna a casa con la sua squinternata scoperta che il gioo prima o poi gli imporranno di finillo. E lui proprio non vòle accada. E non accadrà!


 

 

 

A partire da quel giorno lontano, e lo scopro grazie a te Sara che intanto dormi, e mi hai dato l’imbeccata giusta, come a un passero tonto o come a un falco ex ferito?, ogni volta che tornavo dal Campo della Barra guardavo i ‘ontadini come addetti al reale con regole che non condividevo, di produzione di doveri di scambi. Ogni scoperta di diversità tra il gioco mio e le loro attività, anche quelle di Lalo e della Nada, sia inteso!; vedevo l’Angelo del Vespero che rintoccava verso il mio cuore colpi d’angoscia. Volevano darmi coscienza, modellarmi, ad esigenze di produzione reale. Anche la scuola era appaltata a questo regno.

Mi dicevano i contadini, i maestri, gli adulti, che erano i padroni dei campi e luoghi dove giocavo. Che andare fòri ‘arreggiata e fòri tema fòri somma esatta nei calcoli era punito. Io che saltavo i fossi per lasciarmi dietro le spalle chi mi voleva male o picchiammi come mi sarei difeso? Avrebbe retto la mia fionda, la pietra adatta, per marcalli io prima di loro? Per difendere il gioco?

Le immagini cresciute libere, seppi che potevano avere una proprietà intestata ad altri. E sui campi dove giocavo era logico, secondo loro, venissero posti divieti.

Cominciarono per me gli spaventi. Dietro il grano poteva esserci una manata in ghigna! Una bastonata se salivi sul ciliegio per gustare frutti. Sullo stesso sagrato della Chiesa sembrava che L’Angelo del Vespero ponesse adesso rimproveri e divieti a non lasciarsi andare troppo! al gioco!

A ogni ritorno dal Campo alla Barra, sentivo, pena nel petto, volevano lasciassi l’infanzia coi suoi giochi per farmi entrare in una nuova forma di realtà.

Continuavo a pensare che i compiti dovevano trovare la loro conclusione nel gioco. Ai temi svolti a scuola consegnati davo un proseguo secondo le mie fantasie che nascondevo. Alle poesie spiegate in rima aggiungevo le mie strofe storte. Che nascondevo. Ai calcoli esatti fittonavo strampalate somme e sottrazioni che soltanto nella mia matematica erano utili. Che nascondevo.

Provai una solitudine immensa e straniante. Intuivo che pure nella politica comunista e nelle arti c’erano regole dove il mio gioco d’infanzia era estromesso.

 

 


Zerelda Zee Cardellino e Jesse Accio James nel grano

al Campo della Barra Contea di Clay Missouri il 18 giugno 2018

cds

 

Mi si proponeva, da parte di tutti, anche dei miei genitori, seppure con tenerezza a volte e altre con disperata severità verso la mia “pazzeria”, che mi dovevo svegliare presto, facendomi condurre da una volontà severa e unitamente benefica, per seguire la realtà del dovere. Potevo tenere i sogni sulle sopracciglia, se proprio non volevo staccarmene, ma dovevo spartirmi con gli altri il reale mondo. Farmi accettare. Farmi perdonare se andavo fòri dal seminato diario giornaliero. E intestarmi qualche proprietà da raggiungere col sacrificio. Lì avrei ritrovato i compagni di giochi. Bambine e bambini cresciuti. Se avessi scelto di trascrivere il mio gioco in poesia o pittura potevo addirittura venderla. Farmi un nome. Una carriera. Reale. Avrei dovuto accettare “comando” sulla mia fantasia, il mio gioco. Correzioni. Modellamento. Ingessature sulle supposte fratture logiche. La forbice del giardiniere sul ramo che va per conto suo! La legge poetica degli sceriffi Pinkerton!

Seppi che non gliela avrei mai data vinta! A costo d’ammalammi. A costo di sta' solo in ogni truppa lisciata dall’Angelo del Vespero. A costo di fammi prende in giro. A costo di vive come sasso buttato a caso nell’erba alta che non vede sole.

Presi a trovare conforto, alto, nei santi che davano la vita per amore e gioco col Cristo nel dolore e per i rivoluzionari d’ogni tempo che davano la vita per il gioco dell’utopia. Ma anche qui, questo cristianesimo e comunismo, tutto fantasia e poco reale, poco comprensibile soprattutto, destò sospetti, repulse, esclusioni.

Iniziai a vivere proiezioni del banditismo di Jesse James di Billy the Kid!

 


Spighe di grano Campo alla Barra Contea di Clay Missoury


 

Fu un’immensa gioia scoprire un fratello, un doppio, che giocava con me da bambino, che si chiamava Fabio Nardi, fidanzarsi con una ragazza svizzera, dal nome di Karoline Knabberchen (1959-1984), che s’innamoro di lui perché era rimasto fedele al suo gioco, alla sua fionda, anche cattiva in tutta bontà. Durò poo per loro. Perché la morte separa! ma non può spezzà la ‘atena. Seppi ch’era possibile unire gioo ancora e gioo d’amore per vive come natura m’avea stampato. E sono giunto al giugno, 2018, e il grano è tornato, in questa mia terra dei giochi. Lui è sempre biondo e bello e non s’accorge dei miei capelli grigi delle mie rughe. Anche il grano ha il suo gioco di dolcezza per Accio.

Qui finisce questa scemenza, da me scritta, mentre Sara Cardellino dorme. E, ora la sveglio, e le leggo il quadernetto. Se m’abbraccia, con la carta ci faccio aeroplani da tirare sull’ulivo di Lalo. E poi torniamo a casa, in Vecchiano, nel vespero, io felice che l’Angelo del Dovere non abbia vinto con me, e lei, Zerelda Zee Cardellino, pure felice che ha scelto d'amarmi per il gioco che inventai e che lei reputa nostro. Anche se un tempo, fui bandito, col nome di Jesse Accio James.



 



 


L'aquilone giallo di Accio per Sara Cardellino al Campo della Barra
18 giugno 2018




 

Accio e Sara Cardellino

COME VOLAVANO GLI AQUILONI
STORIELLA CON SUA MORALE

CAMPO ALLA BARRA IN PARTENZA PER MADRID

 


Campo alla Barra di Vecchiano, il 18 giugno 2018, prima di partire per Madrid

Non so proprio, Cardellino, da dove nasca la fantasia che un tempo - da giovane fino alle avventure dell'Olandese Volante disalberato nel gennaio 2017 per il tradimento delal Robert Ford - mi fece inventare generi personaggi immagini; e che a volte ancora “aggeggio”, da mesi ormai, solo per te per noi due. Non lo so. Come tanti ho letto critici filosofi teorici dell’estetica, ma non saprei farti citazioni esaurienti, da questi libri ed autori che nutrono, on line e su carta stampata, migliaia di addetti ai lavori. Senza i quali sembra non vivano come i neonati col latte della puppa. Mi sono dimenticato cosa lessi cosa sottolineai. 

Posso però rammentare, per intero, gli aquiloni. Gli aquiloni sul Serchio dell’Accio che fui. E che secondo te col mio gioco ancora son rimasto Bambino-grande. Se hai tempo e voglia di ascoltarmi, sul canapè, mentre la Nada, abbrustolisce il pane per il cacciucco, ti consegno l'acquarello colorato di quei lontani voli.

Come sai m'avevano dato questo soprannome: Accio. Non era una benedizione. Funzionava da dispregiativo. In Toscana è d’uso. Oppure era la trasfigurazione di un personaggio pubblicato sopra il fumetto per ragazzi che si chiamava “Il Monello”. C’era Cuoricino buono ed Accio cattivo. Io non ero né buono né bravo. A scuola avrei scoperto che un grande scrittore aveva scritto su di un ragazzo cattivo di nome Rosso Malpelo. Con un padre “bestia” morto sepolto in cava. Il mi’ babbo era vivo, il più umano e umanista degli uomini; non lavorava in cava, bensì come camionista e a volte rimaneva sepolto dalla sua utopia comunista che crollava; ma poi riemergeva, tornava all'aria della speranza. Se i contadini non lo pagavano per i viaggi neppure in natura era perché non avevano coscienza di classe. Bisognava avere pazienza. Leggeva Vittorini, erano “gente offesa” come noi, che doveva ribellarsi contro i “torti infiniti” subiti. Hanno l’anima imbestiata a volte. E fra loro ci sono uomini e chi non lo è. Chi mi rimpiattava quand’ero partigiano lo era chi mi denunciò ai tedeschi no! Un mondo semplice nella sua dialettica. Lo stesso che trovavo nel Vangelo. Mi garbava viverci anche se a volte mi smusavano mi ferivano. Se provavo dolore tanto e gioia tanta, a volte separata a volte mischiata, inventavo aquiloni.

 


da IL MONELLO - Anno XXXVI n. 6 - 6 II 1968




La carta velina costava poco, la regalavano a scuola, la vendevano alla bottega. Ma poi ci voleva il vento adatto e le canne adatte per costruire il volo e i colori a sorreggerlo.

Le canne leggere, adatte, fini, stavano nei falaschi sulle rive del Serchio o del Lago Puccini. Gli altri bambini avevano paura ad andare sulle rive del Serchio. A prenderle tali canne. Perché a volte c’era il fiume in piena che poteva annegarti, c’erano i serpenti d’acqua attorcigliati, i gatti selvatici dalle unghie come lame, i cani rabbiosi dal morso lancinante, i ratti furibondi, i rospi orribili dagli occhi gialli… io ci andavo a tagliarle, a sceglierle, una ad una. Non avevo paura degli animali. Erano miei amici nelle giornate solitarie sull’argine. Con tali canne gli aquiloni volavano. Leggeri. Con le canne degli orti pesanti s’alzavano malamente.

Poi sceglievo i colori adatti. Se il cielo è azzurro, colore freddo, se l’erba in basso è verde: i colori dovevano essere caldi. Rossi gialli. Semplice la logica dell’aquilone. Gli abbinamenti dei colori li avevo imparati dalla Nada che era sarta e dalle sartine. Il filo non era lo spago pesante ma quello fine e forte che usava Lalo per le balle di grano per cucirle pure lui se sfondate. Insomma avevo un mestiere. Lo avevo imparato dalla mia stirpe. Come accadeva agli eroi greci.

Gli aquiloni li inventavo sempre da solo ma a volte altri bambini venivano. Li portavo dove io prendevo lo stesso materiale. Ma dovevano farselo da soli. Non volevo comandare sulla loro fantasia. Ci avrebbero trovato più gusto e gioia, pensavo, a inventarselo. E magari potevano diventare anche più bravi di me. Canne leggere, vento adatto che s’impara subito dove soffia sull’argine, tempo tanto a disposizione in libertà. Se però li scoprivo dediti a imparare, per costruire aquiloni, prima la teoria in qualche manuale; paurosi degli animali, con le ore contate per i compiti di scuola da svolgere, con i genitori che li sgridavano perché tale impresa li portava nel pericolo o era poco adatto frequentarmi,… beh!… pensavo che non avrebbero mai costruito aquiloni degni di volo.

Con questo criterio, il medesimo, costruivo fionde. Forcella adatta, pianta adatta, gomma adatta di ruota di bicicletta o camion, sassi tondi che volano meglio.

Spesso trovavo le mie fionde e gli aquiloni nascosti in anfratti, sull'argine del fiume, che credevo segreti, spezzate e spezzati. Mi avevano spiato si erano vendicati con malvagità. Erano come i contadini che non avevano coscienza di classe, non avevano coscienza del gioco.

A questa età, per tante vicende che vissi e che ho vissuto, penso avesse ragione una donna d’Engadina, che si chiamava Karoline Knabberchen, dicendomi che in tanti, dandomi dolore, non avevano capito la logica che presiedeva ai miei aquiloni che avevano avuto seguito nella scrittura nell’immaginario. Era il mio gioco della poesia. A me adatto. Se tu Cardellino, in questo giugno ventoso, ti garba l’Accio degli aquiloni e quello dei capelli grigi, li riunisci praticamente nel tempo diventato cerchio, mi fai proprio un bel regalo. Karoline Knabberchen si lega nell'amore assoluto, che non ha fine, oltre la morte, a Fabio Nardi, perché ama l'uomo a cui spezzavano fionde e aquiloni da monello. Lei gli promise che mai l'avrebbe fatto! Il loro amore sta in questa promessa verso un bambino diventato grande nel suo gioco. Questo il fondamento, "due piante nel nocciolo", del Canzoniere di Karoline Knabberchen.

 


Accio e Sara Cardellino nel giallo del grano sotto l'estivo aquilone giallo
al Campo della Barra. In partenza per Madrid

18 giugno 2018
 

Mi chiedi se le vicende dell'Olandese Volante, nel gennaio 2017, col suo naufragare sugli scogli, perché la Robert Ford assoldata dalla Legge Poetica Pinkerton mentre voltandole le spalle per raddrizzare il dipinto della nave mi ha sparato alle spalle, le ho sofferte come soffrivo le fionde spezzate gli aquiloni sbrecciati a terra da mani ostili quand'ero bambino Accio? Sì!, Cardellina mia. Proprio così. E s etu non fossi giunta a salvarmi sarei stato perduto. (clikka: Quando salvai Jesse Accio James con l'Ave Maria di Schubert...). Novalis, è una delle poche citazioni che ricordo da autori letti, scrive, pressapoco, che "certe azioni gridano in eterno". Penso, la interpretai, la interpreto, come azione, delal Robert Ford, di violenza gratuita contro l'innocenza. Di un bambino innocente di un uomo crudele in tutta bontà. Di più non so! non capisco, a star sotto l'ombra dei miei aquiloni guardando il cielo azzurro di ieri di oggi. Scusami, se sono sentimentale. Ma meglio non so fare!

Ecco brava!, abbracciami stretto!, che tutto diventa fiabesco, però se mi-mà, Nada, ti vede con gli occhi gonfi, Sara, pensa che ti abbia fatto un dispetto insensato… e allora tutto torna daccapo.

 



 


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